Nage-waza e Shōtōkai: sempre insieme, eternamente divisi – Parte 2

Nella prima parte dell’articolo abbiamo parlato informalmente delle tecniche di proiezione (nage-waza), ed esaminando due degli scritti di Gichin Funakoshi abbiamo (ri)scoperto che il maestro codificò per iscritto ben 10 nage-waza, ormai completamente “perdute” nella maggior parte dei dōjō Shōtōkan e Shōtōkai. Nello specifico, per quanto riguarda lo Shōtōkai, abbiamo visto che il maestro Egami lanciò un appello preciso per i futuri insegnanti e istruttori, raccomandando di dare maggior attenzione alle tecniche di proiezione.
In seguito ci siamo concentrati su una delle 10 nage-waza codificate da Funakoshi, la proiezione che il maestro chiamò Koma nage (proiezione a trottola). Sempre Funakoshi, tramite i suoi scritti, ci ha spiegato che il Koma nage è una possibile applicazione del kata Tekki Shodan, di fatto facendoci capire che i movimenti dei kata nascondono anche tecniche di proiezione, non solo quindi “calci e pugni”.

In questa seconda parte proveremo a curiosare intorno a un’altra tecnica di proiezione descritta da Funakoshi, seguendo le tracce e gli indizi che ci ha lasciato O’Sensei scopriremo come concatenare un’applicazione del Bassai Dai a una di Heian Sandan per poi finire…col wrestling.

Il signore degli anelli

Ma partiamo con ordine. La tecnica di proiezione che ci interessa compare nei due libretti tecnici di Funakoshi del 1925 e 1935, sotto due diciture diverse (ma si tratta sempre della stessa nage-waza):

鎻環 / Kusariwa / “anello di catena” (Rentan Goshin Tōde-jutsu, 1925)
腕環 / Udewa / “anello di braccia” (Karate-dō Kyōhan, 1935)

Anche questa volta Funakoshi ci indica dove guardare: in entrambi i libretti tecnici ci rivela che questa nage-waza è l’applicazione di un ben preciso movimento (lo numera addirittura) del kata Passai / Bassai.

Rentan Goshin Tōde-jutsu, 1925: Funakoshi ci spiega che la proiezione Kusariwa è un’applicazione del kata Passai
Karate-dō Kyōhan, 1935: Funakoshi ci svela che la proiezione Udewa è una possibile applicazione dei movimenti 22 e 23 del kata Bassai
Karate-dō Kyōhan, 1935: Funakoshi ci svela che la proiezione Udewa è una possibile applicazione dei movimenti 22 e 23 del kata Bassai

Passiamo alla descrizione della tecnica, seguendo la struttura didattica proposta da Funakoshi in Karate-dō Kyōhan:

1. Chi attacca (Funakoshi usa di nuovo il termine 攻手 / seme-te, corrispondente al ruolo di Tori), avanza col piede destro provando ad aggredire “la vittima” con un jōdan morote tsuki (in alternativa va benissimo anche simulare una doppia presa per il bavero). Chi difende va indietro velocemente col piede sinistro e contemporaneamente blocca l’attacco con un morote jōdan uke (letteralmente “ricezione a livello alto con entrambe le mani”).

2. Immediatamente Uke si avvicina a Tori con un yori-ashi e attacca la parte laterale dell’addome dell’aggressore con un doppio tettsui (usando entrambe le mani).

3. Sfruttando lo shock provocato, Uke si avvicina ulteriormente all’aggressore tirando le sue gambe con entrambe le mani, e spingendo il suo addome con la propria spalla destra: il risultato sarà che Tori cadrà all’indietro.

Ci sono alcuni accorgimenti tecnici a cui bisogna fare attenzione. Il primo riguarda la sicurezza e ce lo dà direttamente Funakoshi: se Uke esegue la tecnica in velocità si rischia che Tori venga completamente rialzato da terra, provocando una brutta caduta all’indietro con schiena e testa. Quindi in fase di allenamento è meglio procedere con cautela, e lasciare che Tori sia libero di cadere all’indietro abbassando il sedere. Per diminuire ulteriormente i rischi, è bene che Tori abbia confidenza anche con i vari esercizi propedeutici della caduta all’indietro (ushiro ukemi).
Il secondo accorgimento tecnico è che non serve nessuna forza nel tirare le gambe di Tori, anzi in realtà non serve proprio tirarle: ciò che realmente serve è bloccarle e lasciare che la spinta di spalla sbilanci Tori all’indietro. La fisica ce lo insegna: il principio cardine di ogni nage-waza è spostare il  baricentro di chi subisce la proiezione al di fuori del suo piano di appoggio.

Tegumi o wrestling?

Giunti a questo punto diventa interessante andare a leggere un passo dell’ultimo libro (non tecnico) scritto da Funakoshi: “Karate-dō Ichirō”, 1956: so che sembrerà sconnesso da tutto quello che è stato scritto in questo articolo, ma chiedo al lettore di fare un (momentaneo) atto di fede. Verso la fine del libro, Funakoshi ci racconta alcune reminiscenze della sua fanciullezza:

Prima di concludere queste riflessioni sul Karate-dō e me stesso, vorrei spendere qualche parola su un altro sport di Okinawa…Come per il karate, le sue origini sono sconosciute, e molti abitanti ritengono che vi possa essere stata qualche specie di relazione fra i due [NdA: eccome se c’è stata!!!]. Il nome di Okinawa per questo stile di lotta è “tegumi” [NdA si scrive con gli stessi due kanji che formano la parola Kumite, ma invertiti]…gli incontri iniziano, come nel sumo, con i due avversari che si spingono vicendevolmente. Poi, continuando, si usano tecniche di corpo a corpo e di proiezione. Una che ricordo bene è molto simile alla “ebigatama” dell’odierna lotta professionistica. Quando oggigiorno osservo la lotta professionistica in televisione, spesso mi viene in mente il tegumi della mia gioventù ad Okinawa“.

Di quale proiezione (o meglio sottomissione) stava parlando Funakoshi quando citava l’ebigatame? Nella lingua Giapponese il termine 蛯 / ebi significa gamberetto, quindi stiamo parlando della “sottomissione del gamberetto”. Funakoshi si stava riferendo a quella tecnica conosciuta, nell’ambito della lotta, come “Boston crab”.

A sinistra un classico esempio di “Boston crab”. A destra un gamberetto (蛯 / ebi in Giapponese)

Credo che sia più che evidente perché Funakoshi chiamasse questa sottomissione ebigatame 🙂 Bene, ma cosa c’entra la proiezione Udewa che abbiamo visto prima con la “sottomissione del gamberetto”? Come facciamo a unire due tecniche apparentemente scollegate? In realtà è facile, basta applicare un pizzico di Heian Sandan.

Partiamo dalla situazione finale in cui si trova Uke, dopo aver proiettato a terra Tori. Se riguardiamo il punto (3) della descrizione riportata poco sopra, notiamo che Uke aveva bloccato le gambe di Tori nella parte posteriore e lo aveva proiettato all’indietro; in allenamento, almeno durante una prima fase inziale è bene che Uke tolga le mani dalle gambe di Tori non appena si accorge che sta per cadere: in questo modo Tori si sentirà libero e completamente sereno di cadere, senza la sensazione di essere “controllato” da Uke. Una volta che si è preso familiarità con la tecnica di base, nessuno vieta (anzi!) di continuare a trattenere le gambe di Tori anche dopo la caduta: in questo caso Uke si ritroverà esattamente nella posizione tipica del kata Heian Sandan:

Tipica posizione del kata Pinan / Heian Sandan

Basterà procedere da questa posizione con un passo tipico della sequenza di questo kata per ritrovarci esattamente come il wrestler raffigurato nella foto poco più sopra. Inarcando la schiena di Tori avrà luogo la “sottomissione del gamberetto”. Credo che questo tipo di applicazione risponda esaustivamente a tutte le domande che possono sorgere quando pratichiamo questa sequenza di Heian Sandan, nella fattispecie:

– chiarisce perché si adotta la posizione di kiba dachi
– spiega perché entrambe le braccia si trovano in quella specifica configurazione
– ci fa capire la ragione della rotazione del corpo di 180 gradi mentre alziamo la gamba (NB: non tutti gli stili di karate che includono questo kata contemplano una tecnica di gamba durante questo passaggio, ma ciò non inficia assolutamente l’applicazione né le varie considerazioni fatte)

Giochiamo col Kankū

A puro scopo di divertimento, possiamo aggiungere alla nostra sequenza applicativa una tecnica ulteriore, questa volta presa a prestito dal kata Kankū Dai.
Dopo aver eseguito l’ebigatame, rilassiamo la schiena del nostro partner, ed eseguiamo questa semplice sequenza di azioni:

– lasciamo andare la gamba destra (che stiamo trattenendo col nostro braccio sinistro)
– lasciamo andare la gamba sinistra (che stiamo trattenendo col nostro braccio destro), facendo attenzione ad inserire la relativa caviglia sulla cavità poplitea dell’altra gamba (la prima che abbiamo rilassato)
– ci giriamo all’indietro, sollevando la caviglia destra del nostro partner per poi controllarla col nostro inguine destro
– possiamo concludere con una sottomissione, piegando all’indietro la testa del nostro compagno

Buona sperimentazione, ma soprattutto buon divertimento!


© 2017, Matteo Muratori. All rights reserved.

Nage-waza e Shōtōkai: sempre insieme, eternamente divisi – Parte 1

Le tecniche di proiezione (投技 / nage-waza) rappresentano da sempre un importante tassello nella formazione di ogni karateka. Di per sé non costituiscono una forma principale di autodifesa, ma sono comunque una componente vitale che può affiancare e completare le tecniche ad impatto percussivo (atemi). Indipendentemente dallo stile di karate o dalla politica delle varie associazioni, le tecniche di proiezione dovrebbero comunque essere allenate un minimo, se non altro per approfondire e “gustarsi” meglio i propri kata.

Sono certo che qualcuno potrebbe obiettare e bofonchiare qualcosa del tipo “ma cosa stai dicendo?!? le proiezioni non fanno parte del karate!” oppure “è karate, mica judo!”
Per analizzare meglio la situazione, vorrei cominciare con una domanda chiara: per quale motivo in ambito Shōtōkai, da sempre una tra le più fedeli associazioni di karate in continuazione con Gichin Funakoshi, non si fa cenno alle tecniche di proiezione che il maestro ci ha lasciato nei suoi libretti tecnici? Capisco che la domanda possa sembrare imbarazzante, ma è davvero sincera e non vuole essere una critica irrispettosa. Tuttavia credo sia necessario porla ad alta voce, da allievo spero vivamente che giunga “ai piani alti” e confido che in un futuro vicino torneremo a praticare nel dōjō tutte e 10 le tecniche di proiezione che Sensei Funakoshi ci ha lasciato.

Nel karate esistono anche le tecniche di proiezione…Le tecniche di proiezione erano praticate ai miei tempi, e raccomando che vadano riconsiderate.” – Shigeru Egami, “The Heart of Karate-dō”, Kōdansha Editrice

Per il futuro, sarà opportuno dare maggiore attenzione alle tecniche di proiezione.” – Shigeru Egami, “La Via del Karate”, Luni Editrice

La storia recente

Iniziamo col dare un’occhiata a “Rentan Goshin Tōde-jutsu”, che Funakoshi pubblicò nel 1925 e che rappresenta un’edizione migliorata del suo “Ryūkyū Kenpō: Tōde” del 1922. In questi due libri Funakoshi descrive il karate che portò con sé direttamente da Okinawa, è quindi uno scorcio davvero interessante dell’antica pratica del karate (per come fu appresa da Funakoshi, non in termini generali) prima che venisse influenzata dalla “macchina da guerra” Giapponese.
Sfogliando “Rentan Goshin Tōde-jutsu”, ad un certo punto si arriva ad un capitoletto davvero interessante per la nostra indagine: 第七投技 / “Settimo: tecniche di proiezione”.

Rentan Goshin Tōde-jutsu, 1925. Parte 7: tecniche di proiezione.

“Al contrario del jujutsu, il karate può essere considerato un’arte ‘dura’, in cui non è fondamentale proiettare o atterrare un avversario; nondimeno, poiché la ‘durezza’ esiste in quanto esiste la ‘morbidezza’, combinare le due cose risulta senz’altro vantaggioso, e la loro istintiva fusione per adeguarsi alla forza di un avversario può dare risultati sorprendenti.”

Leggendo questa breve introduzione, è davvero istruttivo notare come Funakoshi collegasse sempre arte e spiritualità. La dualità durezza / morbidezza si rifà ovviamente a Yin / Yang e di riflesso si trasferisce sul connubio atemi / nage waza…meraviglioso. In “Rentan Goshin Tōde-jutsu” sono illustrate 6 tecniche di proiezione, interpretate da Funakoshi:

– 捻倒 / Nejidaoshi / “atterramento a torsione”
– 鎻環 / Kusariwa / “anello di catena”
– 谷落 / Tani otoshi / “caduta a valle”
– 槍玉 / Yaridama / “infilzare una palla”
– 頸環 / Kubiwa / “cerchio intorno al collo”
– 咽押 / Nodo osae / “pressione alla gola”

Ogni tecnica è descritta visivamente da una sola foto, e purtroppo anche la descrizione è scarna. Funakoshi porrà rimedio a questi piccoli inconvenienti nel suo libretto tecnico per eccellenza, “Karate-dō Kyōhan”. Nel sesto capitolo vengono introdotte le tecniche di proiezione:

“Il karare (mano vuota) può essere considerato un’arte marziale dura, mentre il judo è considerata un’arte marziale morbida. Tuttavia è ovvio che la durezza debba essere contenuta nella morbidezza, e la morbidezza dovrebbe essere contenuta nella durezza. In altre parole, per far si che la morbidezza sia completamente tale, è richiesta durezza, e per far si che la durezza diventi davvero tale, è richiesta morbidezza. Originariamente durezza e morbidezza erano un tuttuno. Questa è la ragione per cui il karate non consiste solamente di tecniche percussive (pugni, calci, spinte), ma anche di tecniche di proiezione e di manipolazione delle giunture articolari [Funakoshi usa il termine 逆手 / saka-te / gyaku-te]…ci sono diversi modi e varianti per eseguire le tecniche di proiezione e le tecniche di manipolazione articolare. Il punto è che il modo in cui si esegue una tecnica di proiezione dovrebbe cambiare a seconda dell’avversario.”

In “Karate-dō Kyōhan” Funakoshi presenta ben 9 tecniche di proiezione, alcune delle quali già presenti nel libro precedente ma con nomi (e kanji) differenti. Rimuove però Nodo-Osae (presente invece in “Rentan Goshin Tōde-jutsu”), cosìcché possiamo affermare che Funakoshi codificò per iscritto un totale di 10 nage-waza. Ecco l’elenco delle 9 tecniche di proiezione illustrate in “Karate-dō Kyōhan”, 1935:

– 屏風倒 / Byōbū daoshi / “capovolgere un paravento”
– 獨樂投 / Koma nage / “proiezione a trottola”
– 首環 / Kubiwa / “anello al collo”
– 片輪車 / Katawa guruma / “ruota deformata”
– 燕返 / Tsubamegaeshi / “rondine che ritorna”
– 槍玉 / Yaridama / “infilzare una palla”
– 谷落 / Taniotoshi / “cadere a valle”
– 腕環 / Udewa / “anello di braccia”
– 逆槌 / Sakatsuchi / “mazza inversa”

Nel suo ultimo libretto tecnico (Karate-dō Nyūmon, 1943), Funakoshi non include nessuna tecnica di proiezione, e nemmeno fa cenno a quelle già codificate nei libri precedenti. E’ il segno inequivocabile che i cambiamenti in seno allo Shōtōkan (il dōjō) stavano per prendere il sopravvento sul karate di Gichin Funakoshi.

La pratica

Dal punto di vista pratico, ogni tecnica di proiezione si compone di tre fasi didattiche:

– 崩し / Kuzushi: letteralmente significa “rompere” o “deformare la posizione” ed equivale alla fase di rottura dell’equilibrio dell’avversario; in poche parole lo sbilanciamento di quest’ultimo. Questa fase è particolarmente importante: è necessario rompere la posizione naturale dell’avversario prima di poterlo proiettare. Se l’avversario è in equilibrio (e magari pesa anche più di noi, o è più forte muscolarmente), difficilmente si riuscirà a proiettarlo.

– 作り / Tsukuri: letteralmente significa “adattare” o “adattarsi”, s’intende l’adattamento che viene effettuato da chi esegue la proiezione dopo avere spezzato l’equilibrio di chi la subisce

– 掛 / Kake: letteralmente significa “sospeso”, è l’atto stesso di proiettare l’avversario, ed è dunque l’applicazione della tecnica che conclude l’azione cominciata con il kuzushi e proseguita con lo tsukuri

Funakoshi, durante la spiegazione delle tecniche di proiezione, non si addentra nei particolari di queste tre fasi, bensì tende a sottolineare implicitamente un aspetto forse ancora più importante dal punto di vista pratico: non si proietta un avversario senza prima averlo colpito con una tecnica percussiva (in modo da causare uno shock inaspettato e rendere l’avversario vulnerabile). La sua disamina è in linea con il detto che “si colpisce per proiettare, si sbilancia per colpire”.
Daremo ora un’occhiata informale a due delle tecniche di proiezione che ci ha lasciato Funakoshi, la prima abbastanza semplice, la seconda (prevista per il prossimo articolo) un po’ più complessa. Ho scelto queste due nage-waza perché Funakoshi ci rivela esplicitamente che esse rappresentano l’applicazione (ōyō) di due movimenti appartenenti, rispettivamente, al kata Tekki Shodan e al kata Bassai Dai.

Koma nage (獨樂投 / “proiezione a trottola”)

Si tratta essenzialmente di un’applicazione del principio antico (macchina semplice) dell’asse della ruota.
Chi attacca (Funakoshi usa la parola 攻手 / seme-te, corrispondente al ruolo di Tori), esegue un attacco di pugno destro a livello chūdan; Uke riceve l’attacco con un ura-uke a mano aperta, indietreggiando col piede sinistro. Immediatamente Uke afferra con la mano destra il polso destro di Tori (quello che è stato bloccato) ed esegue due azioni preparatorie (assimilabili alla fase di Tsukuri):

– avanza col piede sinistro portandosi quasi dietro a Tori
– con la mano sinistra afferra la parte alta del braccio destro di Tori (a livello dei tendini del tricipite)

A questo punto Uke esegue due movimenti contemporanei (assimilabili alla fase di Kake):

– esegue un vigoroso hikite destro (prestando attenzione a torcere il più possibile il polso di Tori), accentuando la rotazione dell’anca (Funakoshi sottolinea per ben due volte di sfruttare il movimento di anca)
– torce in maniera solidale la parte alta del braccio di Tori

Se la tecnica è stata eseguita correttamente Tori dovrebbe rotolare a terra come una trottola (da cui il nome della tecnica). NB: per praticare questa proiezione in sicurezza, è bene che Tori sappia come cadere rotolando in avanti (mae ukemi).
Per quanto riguarda Uke, è importante sottolineare che il polso di Tori non deve mai essere lasciato (nemmeno dopo la proiezione a terra) bensì tenuto stretto al fianco: in questo modo Uke può chiudere lo scontro con una qualsiasi tecnica definitiva.
Solo ed esclusivamente in “Rentan Goshin Tōde-jutsu”, Funakoshi ci svela che questa tecnica di proiezione rappresenta un’applicazione del Tekki Shodan. Ma di quale preciso movimento? Funakoshi non lo dice, ma a me sembra il…kagi tsuki.

Rentan Goshin Tōde-jutsu, 1925. Funakoshi ci rivela che questa tecnica di proiezione è un’applicazione di Tekki Shodan.

Sempre in termini di tecniche di proiezione, nella prossima parte, parleremo (in realtà parlerà sempre Funakoshi) di Bassai Dai e…Wrestling. Li uniremo poi attraverso un pizzico di bunkai di Heian Sandan.

Luctoria: Nicolaes Petter, 1674

La proiezione appena descritta fa parte anche di un antico manuale di difesa personale, scritto da Nicolaes Petter e pubblicato due anni dopo la sua morte. Nicolaes Petter era un agiato commerciante di vini, ma è ricordato principalmente per essere un maestro di uno stile di difesa personale basato sulla lotta, chiamato Luctoria. I suoi allievi provenivano in gran parte dalle classi benestanti, e Nicolaes insegnava loro tecniche di lotta più “civilizzate” di quelle del comune wrestling. Il manuale è intitolato Klare Onderrichtinge der Voortreffelijke Worstel-Konst, che significa “Chiara istruzione nella magnifica arte della lotta”.
Nel sesto capitolo del manuale, si fa riferimento a una tecnica del tutto simile al Koma nage:

La prima presa è ad opera di F, che afferra G al torace; quindi G afferra F sotto i gomiti con la mano sinistra (fonte Wikipedia)
G colpisce la mano destra di F con la mano destra e lo torce finché F deve lasciar andare il petto di G. Il suo petto ora è libero, G gira completamente il braccio destro di F, mettendo la mano sinistra dietro il braccio di F, costringendo così F a cadere in avanti (fonte Wikipedia)

© 2017, Matteo Muratori. All rights reserved.