Il bō-jutsu dello Shōtōkai: storia ed evoluzione

Conoscere le nostre radici ci fa capire da dove veniamo, il cammino che abbiamo fatto fino a oggi e quali avvenimenti ci hanno portato in una data direzione. Credo fermamente che le nostre radici ci indichino più facilmente la strada, ed è in quest’ottica che ho deciso di scrivere questo articolo. L’idea è nata più di un anno fa, quando il quadro generale (nella mia testa) era ancora molto frammentato e confuso; le idee, come le persone, richiedono tempo per maturare e spesso affrettare o forzare le tappe è controproducente. Ma ora credo che sia arrivato il momento giusto.

Prima di iniziare, alcuni avvisi ai naviganti. In tutto l’articolo inserirò i miei commenti personali tra parentesi quadre, i nomi di persona saranno indicati secondo lo standard europeo (prima il nome e poi il cognome), i titoli associati alle varie caste feudali saranno resi in maiuscolo (ad esempio PECHIN, SATANUSHI, ecc).

Ma ora bando alle ciance, si comincia.

Le fonti e il materiale

Di seguito le fonti principali a cui ho attinto:

  1. “Kenpō Gaisetsu” (拳法概説), Takada Mizuho e Miki Jisaburō, 1930
  2. “Gigo Funakoshi: father of modern Shotokan”, serie di articoli di Graham Noble per la rivista “Fighting Arts” (#50, #51, #52)
  3. “Karate-Dō. Senmonka ni okuru” (空手道 専門家に贈る / “Karate-Do – Dedicato agli esperti”), Shigeru Egami, 1970
  4. “The Way of Karate: Beyond technique”, Shigeru Egami, 1976
  5. “Karate-Dō Kyōhan” (空手道教範), Gichin Funakoshi, 1935
  6. “Karate-Dō Nyūmon” (空手道入門), Gichin Funakoshi, 1943
  7. “Karate-Dō Taikan” (空手道大観), Genwa Nakasone, 1938 (traduzione in inglese di Mario McKenna)
  8. “Karate History: Collected Essays”, Henning Wittwer
  9. “An interview with Hiroshi Akamine Sensei”, articolo pubblicato su “Fighting Arts” #51
  10. Breve storia della “Kenpō-Kai” dell’Università Imperiale di Tōkyō
  11. Sito della Nihon Karate-Dō Shōtōkai

Altre fonti sono citate lungo tutto l’articolo.

La trama del viaggio

Sarà un viaggio un po’ complesso, in cui si sovrapporranno più livelli, seguiremo i movimenti di varie persone e andremo a curiosare in diversi luoghi.
Per ogni livello, scandiremo gli eventi salienti usando una sequenza temporale ordinata, in maniera crescente. Non faremo cioè zig-zag temporali: questo tipo di organizzazione dovrebbe facilitare il lettore, ma è stata causa di discreti mal di testa per chi sta scrivendo 🙂
L’indagine sul bō-jutsu dello Shōtōkai segnerà sempre la direzione, in linea generale svilupperemo i seguenti livelli:

  • seguiremo Gichin Funakoshi, mettendo al setaccio i suoi articoli e i suoi libri
  • osserveremo Gichin Funakoshi da un altro punto di vista, seguendo i suoi spostamenti in base al luogo di abitazione e d’insegnamento
  • seguiremo Yoshitaka Funakoshi, cercando di capire dove si trovava quando successero alcuni eventi
  • seguiremo lo svolgersi di alcuni eventi nei due club universitari di Karate più antichi del Giappone
  • sfoglieremo un libro preziosissimo (per la nostra ricerca)
  • torneremo ai giorni nostri con una maggiore consapevolezza

Il primo salto all’indietro

Anno 1902, Gichin Funakoshi intervista il proprio maestro Asato Ankō (1827–1906) [Asato è ricordato in quasi tutti gli scritti di Funakoshi come il suo maestro principale anche se, fatto alquanto bizzarro, non cita mai quali kata gli trasmise]. Per qualche motivo sconosciuto questa preziosa intervista verrà pubblicata solo 12 anni dopo, divisa in tre parti. Nella fattispecie comparirà nell’edizione del 17, 18 e 19 Gennaio 1914 sul quotidiano Ryūkyū Shinpō. La seconda delle tre parti riporta un paragrafo molto interessante, intitolato “Tipi di Karate” [si riferisce ai kata; l’utilizzo dell’espressione “tipi di karate” per indicare i kata è molto significativa a mio parere]:

“Per il rafforzamento del corpo, sono indicati Naihanchi e Seisan. Afferrare il bō [cioè difendersi da un attacco di bastone] è prerogativa del Passai. Kunsankun è indicato per sviluppare la velocità. Jitte distingue chiaramente jō-dan [livello alto], chū-dan [livello medio] e gedan [livello basso]. In riferimento all’uso pratico [cioè alla funzionalità applicativa] Seisan e Tomari no Passai sono estremamente efficaci”

Su questo piccolo trafiletto si potrebbero scrivere pagine intere, ma per quanto riguarda la nostra indagine ci interessa notare che Asato, molto presumibilmente, sapesse applicare alcuni movimenti del kata Passai per difendersi contro il bō. Che Asato fosse pratico dell’uso del bastone lo si evince anche da un articolo del 1934 scritto da Gichin Funakoshi (“Onshi Asato Ankō Sensei no Itsuwa”, Tōkyō 1934). In questo articolo Funakoshi scrive che le stanze della casa di Asato erano provviste di ogni tipo di attrezzatura per l’allenamento, una specie di casa/dōjō; tra le armi presenti, Funakoshi ricorda le seguenti:

  • rokushaku bō
  • tinbei
  • nunchaku
  • jitte [benchè il jitte sia di origine Giapponese, Funakoshi qui si riferisce probabilmente ai sai]

E’ noto che Asato fosse un esperto di Jigen-ryū, quindi non deve sorprendere la sua dimestichezza con le armi.
Per ora lasciamo Asato e balziamo nel 1921, più precisamente il 6 Marzo di quell’anno.

In quel giorno Gichin Funakoshi conduce un’esibizione pubblica di Karate con gli studenti delle scuole medie e del college per insegnanti di Naha (Shihan Gakko); l’esibizione si svolge in una grande sala del castello di Shuri, di fronte al principe Hirohito (in visita a Okinawa come tappa del suo viaggio verso l’Europa occidentale).

L’iscrizione riporta 皇太子殿下御前演武記念, ossia “In memoria della dimostrazione di arti marziali [演武 / enbu] di fronte a Sua Altezza Imperiale, Il Principe Ereditario”. La seconda riga riporta la data esatta dell’evento, 大正拾年參月六日 cioè “Il sesto giorno del terzo mese nel decimo anno Taishō” (6 Marzo 1921; si noti l’uso del formale 參/3 e 拾/10 al posto dei canonici 三 e 十). Come si vede dall’immagine, è stato usato l’Inkan al posto dei kanji classici e la persona nell’ovale in alto a destra è Kihachiro Wada, che nel 1921 era il direttore dell’Okinawa Shihan Gakko. Funakoshi si trova in seconda fila, secondo da sinistra.

La foto ci mostra un dettaglio interessante: i due studenti ai lati tengono in mano un bō, mentre quello centrale in prima fila impugna un sai.

Passiamo al 1922. A seguito del successo della sua dimostrazione di Karate tenutasi a Tōkyō, Funakoshi pubblica il suo primo libro “Tō-te Ryūkyū Kenpō” [唐手琉球拳法]. In questo libro compare la foto appena mostrata, e Funakoshi si riferisce all’evento come a una dimostrazione di Karate [scritto come 唐手 / mano Cinese]. Nel libro in questione non viene fatto cenno a nessuna tecnica di bō, nè ad alcun kata correlato.
Grazie a Hironori Ōtsuka [il fondatore del Wadō-ryū], veniamo a sapere che dal 1922 al 1924 Funakoshi era solito insegnare principalmente i 15 kata descritti in “Tō-te Ryūkyū Kenpō”. Ōtsuka aggiunge però anche qualcosa di molto interessante:

“A quel tempo Funakoshi faceva la guardia fuori al dormitorio con un 六尺棒 [rokushaku bō, cioè un bastone lungo circa 182 cm]. Lo sorvegliava poiché circolava allora una voce che i coreani stessero tramando una ribellione”.

Ōtsuka si riferisce alla scuola/dormitorio Meishō juku, situata nel quartiere Suidobata di Tōkyō. Nel 1922, all’età di 54 anni, Funakoshi si stabilì in Giappone e prese dimora proprio in questo ostello per studenti di Okinawa (per mantenersi lavorò come custode, guardiano e giardiniere). Quello che mi preme sottolineare però, è che dalle parole di Ōtsuka si deduce chiaramente che Funakoshi fosse piuttosto sicuro delle proprie capacità di maneggiare e usare il bō.
A questo punto della storia accadono due avvenimenti cruciali per la nostra indagine:

  • nell’Ottobre del 1924 l’Università di Keiō istituisce il primo club di Karate universitario del Giappone
  • nell’Ottobre del 1925 l’Università Imperiale di Tōkyō istituisce anch’essa il proprio club di Karate [東京帝国大学唐手研究会 / Tōkyō Teikoku Daigaku Karate Kenkyūkai]

Torneremo in questi due luoghi più avanti nell’articolo, per ora continuiamo a seguire gli scritti di Gichin.

Nel 1925 Funakoshi pubblica il suo secondo libro, “Rentan Goshin Tōde-jutsu” [錬胆護身唐手術], ma si tratta sostanzialmente di una riedizione migliorata del libro precedente, in cui il cambiamento più vistoso è dettato dall’uso di svariate foto in cui Ō-Sensei viene immortalato durante l’esecuzione dei kata. Quindi, anche in questo caso, nessun cenno al bō.

Nel 1935 il maestro scrive il suo libretto tecnico per eccellenza, “Karate-Dō Kyōhan” [空手道教範]. E qui la questione si fa interessante. Nel capitolo n.1, all’interno del paragrafo intitolato “Il significato di Kara” [空の意義 dove 空 ha il significato di “vuoto”], Funakoshi ci dice che:

“Se si inizia a scrutare il colore [色 che significa più precisamente “tonalità di colore”] del cosmo, tutto equivale al vuoto. Il vuoto cioè non è l’assenza di colore, bensì la presenza di tutti i colori. Le arti marziali [武術 / bu-jutsu] sono molteplici, jū [柔, il jū-jutsu], la sciabola [剣 / ken, il ken-jutsu], la lancia [槍 / sō, il sō-jutsu], il bastone [杖 / jō, il jō-jutsu]. Tuttavia, se si inizia a riflettere su di esse, si noterà che sono completamente nel solco del Karate [空手]. In altre parole, il Karate [空手, “la mano vota”] è la radice di tutte le arti marziali. Che ciò che è visibile è vuoto e vuoto è identico a visibile. Il carattere 空 presente in Karate [空手] si riferisce anche a questo.”

Ne consegue che per Funakoshi il Karate non escludesse affatto l’uso delle armi. Una prova a supporto, manco farlo apposta, è presente nello stesso libro, capitolo n.7: vengono spiegate 5 difese contro il Tan-tō [il pugnale], 3 difese contro il Dai-tō [la spada lunga] e 6 difese contro il bō [棒]. In Karate-Dō Kyōhan però Funakoshi non cita né dimostra alcun kata di bō.

Karate-Dō Kyōhan, Funakoshi mostra una difesa contro un attacco di bō. Si noti l’utilizzo (sensato) dell’hiki-te (che guarda caso non è una shini-te / “mano morente” ma assume un ruolo piuttosto attivo).

Arriviamo al 1943, Funakoshi scriverà il suo penultimo libro, “Karate-Dō Nyūmon” [空手道入門]. La parte tecnica di questa opera è affidata al suo terzogenito Yoshitaka, mentre Gichin curerà le parti storica e introduttiva. Si è diffusa l’idea che in questo libro Funakoshi, dopo l’elenco delle forme a mano vuota “che stiamo studiando ed esaminando in questo periodo allo Shōtōkan”, elenchi alcuni kata di bō; chi asserisce ciò, in genere, afferma che già nella prima edizione in lingua inglese (Kodansha International, 1988) l’elenco delle forme di bō sia stato rimosso. La verità è che già nella versione originale del libro non compare il nome di alcun kata di bō.

Rimane da esaminare l’ultimo libro scritto da Funakoshi nel 1956, “Karate-Dō Ichiro” [空手道一路]. Si tratta di una biografia in cui il maestro racconta tanti avvenimenti della sua vita. Uno in particolare s’intitola “Un uomo umile” e narra dell’incontro di Funakoshi con Jinō Sueyoshi [仁王末吉, 1846-1920], un nobile al tempo caduto in miseria. Una sera, a causa di una lunga riunione insegnanti alla scuola di Naha, Funakoshi noleggiò un risciò [人力車 / Jinriksha] per tornare a casa:

“Per ammazzare il tempo, cominciai a conversare con l’uomo del risciò e mi accorsi, con sorpresa, che egli dava risposte estremamente brevi. In genere i conduttori dei risciò sono loquaci come i barbieri.”

Il racconto prosegue con vari tentativi di Funakoshi per riuscire a scrutare il viso dell’uomo, che grazie alla sua agilità e furbizia era sempre riuscito a tenere nascosto. Funakoshi si insospettisce sempre di più:

“…ero perfettamente convinto che non poteva essere un conduttore di risciò qualsiasi…Vidi che non mi ero sbagliato. Era proprio Suneyoshi…Egli discendeva, come sapevo molto bene, da una famiglia di guerrieri di rango elevato, ed era più anziano di me nel Karate-Dō. Inoltre, era un noto esponente dell’arte di combattimento col bastone ed in seguito fondò la sua scuola di bō-jutsu…Camminando fianco a fianco verso Shuri, discutemmo piacevolmente sul Karate e sull’arte di combattimento col bastone.”

Da questo racconto veniamo a conoscenza che Funakoshi, negli anni in cui lavorava come insegnante (quindi molto prima che partisse definitivamente per Tōkyō nel 1922), conobbe anche il noto esperto di bō-jutsu Jinō Sueyoshi.

Proviamo a tirare le somme su Funakoshi padre. Ha avuto come maestro principale Asato Ankō e tra quelli secondari vanno ricordati Seishō Arakaki [新垣世璋, 1840–1918] e Sōkon Matsumura [松村宗棍, 1809-1899]; conobbe anche Jinō Sueyoshi [1847-1920]. Tutti questi maestri sono ricordati per essere esperti, chi più chi meno, anche di bō-jutsu (lo vedremo più avanti nell’articolo quando arriveremo a parlare di Kenpō Gaisetsu). In varie foto Funakoshi mostra alcune tecniche di difesa contro il bō, e vi dedica anche un paragrafo nel suo libretto tecnico per eccellenza. In nessun articolo o libro scritto da Funakoshi egli dà spiegazioni esplicite sul se e quali kata di bastone conoscesse. In mancanza di altri elementi, non ci resta che applicare il principio del Rasoio di Occam: a parità di fattori, la soluzione più semplice è quella più verosimile. Applicando questo principio metodologico, possiamo concludere che Funakoshi non conoscesse alcun kata di bō, ma i suoi maestri lo introdussero alle relative kihon waza e ad alcune applicazioni difensive. Potrebbe però aver ricevuto dal maestro Sueyoshi il kata omonimo.

Dimmi dove, quando

Dal punto di vista temporale, finora abbiamo seguito Funakoshi Sensei in base ad alcuni articoli e ai libri che scrisse. Aggiungiamo un livello parallelo, proviamo a seguire Ō-Sensei dal punto di vista dei luoghi in cui ha abitato una volta giunto in Giappone nel 1922.
La fonte principale per le informazioni che seguiranno è il libro scritto da Shinkin Gima [真謹儀間 conosciuto anche col nome di Gima Makoto] e Ryōzō Fujiwara, intitolato “Taidan – Kindai Karate-dō no Rekishi wo Kataru” [“Resoconto dettagliato sulla storia del karate moderno – Dialogo fra Fujiwara e Gima”] e pubblicato nel 1986. Ritengo Shinkin Gima una fonte affidabile per quanto riguarda le informazioni su Funakoshi, fu uno dei suoi primi allievi dopo il trasferimento a Tōkyō nonché suo assistente nella famosa dimostrazione di Karate tenutasi nel 1922; Gima fu anche la prima persona a ricevere un certificato di Dan da Funakoshi.
Diamo quindi un’occhiata a dove ha vissuto e quali fossero i “quartier generali” di Funakoshi in Giappone (NB: ho escluso dalla disamina i club universitari, sui quali ritorneremo più avanti).

  • Da Settembre 1922 fino a Settembre 1923, Funakoshi ha abitato e insegnato in una saletta (usata anche come dōjō) del Meishō juku, un ostello per studenti di Okinawa. Qui, la sua permanenza si dovette interrompere a causa del tragico terremoto avvenuto il primo Settembre 1923 che colpì la pianura del Kantō. Il Meishō juku non fu distrutto, ma furono necessarie varie riparazioni.
Funakoshi all’interno del Meishō juku (1923 circa).
Un’altra foto scattata al Meishō juku: il partner di Funakoshi è Shinkin Gima
  • A seguito del terremoto di Kantō, Funakoshi affittò una casa nella cittadina di Masago, nel distretto di Koishikawa. Il quartier generale del suo insegnamento divenne il dōjō del famoso maestro di Kendō Hakudō Nakayama, e rimarrà tale fino alla primavera del 1931 (benché per alcuni anni continuerà anche ad insegnare al Meishō juku, una volta terminate le riparazioni). Il dōjō del maestro Nakayama si trovava nella cittadina di Yumi, sempre nel distretto di Koishikawa. Anche se non è molto inerente alla “trama principale” di questo articolo, vorrei spendere alcune parole riguardo questo poco conosciuto legame tra Funakoshi e Hakudō Nakayama. Nakayama era una vera autorità nel Kendō, e il suo dōjō aveva la reputazione di essere il migliore della nazione: consentire a Funakoshi di insegnare in un dōjō così prestigioso era, dal punto di vista di un osservatore esterno, il sigillo di una completa approvazione del Karate come arte del Budō (anche se ancora ufficialmente non lo era) e al tempo stesso un endorsement senza prezzo. Molte persone influenti frequentavano il dōjō di Nakayama e vennero a conoscenza delle lezioni di Karate tenute da Funakoshi: questa fu senza dubbio la migliore delle pubblicità per la campagna di diffusione del Karate perpetrata da Funakoshi.
Pratica del tameshiwari (tecniche di rottura) nella saletta del Meishō juku (1924 circa). Sullo sfondo si vede un giovanissimo Gigō Funakoshi, terzogenito di Gichin.
Un’altra bella foto di gruppo al Meishō juku. Funakoshi è in seconda fila al centro, Hironori Ōtsuka due posti più a destra.
  • Dalla primavera del 1931 fino all’autunno del 1932, il dōjō di Funakoshi si sposta dalla cittadina di Yumi e viene rilocato all’interno di una casa nella cittadina di Masago: per la prima volta da quando sbarcò a Tōkyō nel 1922, Funakoshi aveva un dōjō tutto suo. Il dōjō in questione in realtà consisteva nel giardino della propria casa d’abitazione (Gima non fornisce dettagli, ma personalmente credo che non si trattasse della stessa casa che Funakoshi affittò nel 1923, bensì una casa più grande che Funakoshi poté permettersi grazie al successo avuto nel dōjō di Nakayama). Ciò che conta è che in questo dōjō si allenarono sotto Funakoshi persone influenti, tra cui figli di industriali e uomini politici (il caso più eclatante è di Saigō Kichinosuke, membro di spicco della Camera Alta).
  • Dall’autunno del 1932 fino a Marzo del 1938, Funakoshi basa il proprio quartier generale d’insegnamento sempre a Masago (Gima rimane molto sul generico, è plausibile che si tratti sempre della casa in cui abitava, ma è probabile che il dōjō di Nakayama venisse ancora sfruttato quando risultava libero). La fama di Funakoshi era cresciuta notevolmente in questi anni, il numero di studenti era cresciuto a dismisura e l’esigenza di avere un proprio dōjō professionale divenne impellente per il maestro. Fu così che nel 1936 alcuni suoi studenti fondarono il “Comitato per la Costruzione di un dōjō”, con lo scopo di raccogliere i necessari finanziamenti. Questo movimento si sviluppò a partire dai fan locali per rimbalzare poi tra gli appassionati di Karate di tutto il Giappone: la campagna ebbe talmente successo che fu raccolto più denaro di quel che serviva.
  • Il 29 Gennaio 1939, a Zōshigaya (distretto di Toshima), fu inaugurato il Dai-Nippon Karate-Dō Shōtōkan (大日本空手道松濤館). Il nuovo dōjō comprendeva anche l’abitazione di Funakoshi, di suo figlio Yoshitaka e famiglia. Le attrezzature all’interno del dōjō erano molto complete, c’erano makiwara, un sacco simile a quelli da boxe, bastoni (bō), spade di legno (bokken), geta in metallo e pesi in pietra dotati di impugnatura (sāshi).
29 Gennaio 1939, inaugurazione del Dai-Nippon Karate-Dō Shōtōkan (大日本空手道松濤館) . Gichin Funakoshi si trova al centro. Sullo sfondo si nota un santuario shintoista con il nome delle tre divinità ivi custodite: 香取大明神 / Katori Daimyōjin (a sinistra), 天照大御神 / Amaterasu-Ōmikami (al centro), 鹿島大明神 / Kashima Daimyōjin (a destra).

Il secondo salto all’indietro: tale padre tale figlio (mica tanto)

Riavvolgiamo il nastro, e seguiamo ora il terzo figlio di Funakoshi: Gigō Funakoshi (義豪船越, 1906–1945). Ci concentreremo a partire dal suo arrivo in terra madre, avvenuto nel 1923 (il periodo esatto non è conosciuto, forse prima del terremoto di Kantō), quando Gigō aveva poco più di 17 anni. Come abbiamo visto, in quel periodo il padre Gichin si trovava a vivere e insegnare al Meishō juku; al tempo, tra gli allievi che frequentavano le lezioni in quel dormitorio si trovavano Hironori Ōtsuka e Takeshi Shimoda.

Funakoshi all’interno del Meishō juku, 1924 circa. Gichin è in prima fila al centro. Si riconoscono Hironori Ōtsuka sempre in prima fila nell’angolo a sinistra, e Gigō Funakoshi in seconda fila sull’estrema destra. Dietro alla spalla sinistra di Gichin siede Takeshi Shimoda. Non passano di certo inosservati la coppia di sai e i due bō; così come non si può non notare la signorina in abito scuro, che rivedremo tra poco in un’altra foto scattata sempre al Meishō juku.

Per quanto riguarda la formazione marziale di Gigō, sappiamo che durante la sua giovinezza a Okinawa non fu allievo del padre (come nella più classica delle tradizioni). Gichin, in “Karate-Dō Ichiro”, racconta che portava spesso Gigō con sé ai suoi allenamenti con Itosu; è plausibile che per molto tempo Gigō si sia limitato a quella che viene definita “mi-geiko” (見稽古), cioè un tipo di pratica che consiste nella mera osservazione, senza partecipare fisicamente agli allenamenti.

Poco dopo il suo arrivo in Giappone, Yoshitaka inizia gli studi all’Università Imperiale di Tōkyō per diventare tecnico radiologo, sotto la guida del Dottor T. Negli anni successivi Yoshitaka si allenerà nel Karate sotto la guida del padre al Meishō juku e studierà anche il Kendō sotto la guida del maestro Hakudō Nakayama. Ne deduciamo che Hironori Ōtsuka si trovò quindi a frequentare regolarmente Gigō durante gli allenamenti, come dimostrano anche varie foto.

Un’altra foto scattata al Meishō juku, questa volta nel 1926. Nell’ultima fila, decimo da destra (sotto il kanji 實), si trova Isao Obata. Nella seconda fila, partendo da destra, si trovano Hironori Ōtsuka, Yasuhiro Konishi, (sconosciuto), Gigō Funakoshi. Fu Ōtsuka a suggerire a Konishi di frequentare le lezioni tenute da Funakoshi nella piccola sala del Meishō juku. Le foto scattate in quest’aula sono facilmente riconoscibili dall’insegna riportante la scritta 實则物欲不入 (quella della foto va letta da destra verso sinistra!), che rappresenta la parte di un antico detto Cinese.
Un detto Cinese tratto dall’antico Caigentan (菜根譚 ).
心不可不虚、虚
真理来居
心不可不實、實
物欲不入
Il cuore deve essere vuoto, vuoto cosicché la verità possa venire e risiedere.
Il cuore deve essere pieno, pieno cosicché il desiderio materiale non entri
.

Questo fatto rende Ōtsuka una fonte piuttosto attendibile sugli spostamenti del giovane Funakoshi; il futuro fondatore del Wadō-ryū ci svela un fatto di estrema importanza per la nostra ricerca:

“A quel tempo [1930, quindi a studi ultimati] Yoshitaka Funakoshi lavorava come tecnico radiologo all’Università Imperiale di Tōkyō”

Sempre rimanendo nell’ambito del Meishō juku, sappiamo che vi si trovava anche Takeshi Shimoda, il quale studiava Karate sotto la guida di Gichin. Shimoda era un Senpai di Gigō, e a partire dal 1932 diventerà un Senpai anche di Shigeru Egami (1912-1981). Alla morte di Shimoda, avvenuta nel 1934, sarà Gigō a prendere il suo posto; tra Egami e il giovane Funakoshi nascerà un’amicizia che durerà fino alla morte di quest’ultimo (1945). Tutto questo per dire che Egami, indirettamente tramite Shimoda e direttamente tramite Gigō, si tratta a mio avviso di una fonte credibile per quanto riguarda il “Waka Sensei”. In particolare, nel suo libro del 1976, Egami conferma ciò che ci aveva già detto Ōtsuka:

“Ricordo i viaggi che noi, seguaci di Funakoshi, compimmo nella zona di Kyōtō, Osaka e nelle isole meridionali di Kyūshū sotto la guida di Takeshi Shimoda, il più ricco di talento tra gli studenti di Funakoshi e nostro istruttore. Questo accadeva nel 1934…quando Shimoda scomparve, il suo incarico fu rilevato dal terzo figlio del Maestro, Gigō…a ogni modo, giacché era assunto come tecnico specializzato in raggi X all’Università Imperiale di Tōkyō e lavorava anche al Ministero dell’Educazione…”

Egami ci dice che nel 1934, Gigō Funakoshi lavorava ancora all’Università Imperiale di Tōkyō.
Tiriamo qualche conclusione. Il giovane Funakoshi segue il padre in Giappone nel 1923, studia e lavora come tecnico radiologo all’Università Imperiale di Tōkyō. Sin dal suo arrivo in terra madre, Gigō si allena nel Karate sotto la guida del padre e studia Kendō grazie al maestro Hakudō Nakayama. Nel 1934, con la morte di Takeshi Shimoda, Yoshitaka assume il ruolo di primo istruttore (dopo Funakoshi padre, ovviamente) e si prodiga con tutte le sue forze, assieme agli allievi più anziani, per la diffusione del Karate nelle varie università Giapponesi. Purtroppo, anche seguendo il giovane Funakoshi non ci siamo imbattuti ancora in nessun kata di bō…almeno apparentemente.

Lo Shōtōkan: la rivelazione

Ci catapultiamo ora nel 1939, c’è grande festa a Zōshigaya e i due Funakoshi hanno di che gioire: finalmente padre e figlio hanno un dōjō degno di questo nome tutto per loro. Ma lasciamo per un attimo i festeggiamenti e diamo un’occhiata alla gerarchia interna al dōjō; lo facciamo partendo dalla seguente foto.

Una rara foto di gruppo al dōjō Shōtōkan, datata 1941. Nella seconda fila si trovano nell’ordine: Tsunejirō Uemura (quinto da sinistra), Gigō Funakoshi (sesto da sinistra), Gichin Funakoshi (settimo da sinistra), Yoshiaki Hayashi (quinto da destra), Shigeru Egami (terzo da destra).

La catena di comando in essere allo Shōtōkan era la seguente al tempo:

Una foto scattata davanti allo Shōtōkan, nel 1940 circa. Da sinistra verso destra: Tsunejirō Uemura, Yoshiaki Hayashi, Gigō Funakoshi. L’insegna in alto riporta la parola 松濤館 / Shōtōkan scritta in Inkan

Grazie a Uemura e Hayashi finalmente veniamo a sapere che allo Shōtōkan si praticavano diversi kata di bō (cinque per l’esattezza). La progressione didattica che forniscono rispettivamente il terzo e il quarto insegnante del dōjō è leggermente diversa, ma ciò che davvero conta per la nostra indagine è che dopo tanto vagare nel buio otteniamo la conferma che il sistema stilistico della Shōtōkan-ryū comprendeva anche alcuni kata di bō.
Nella fattispecie Uemura produsse una serie di appunti in cui compaiono i seguenti 5 kata di bastone (la lista dei nomi è preceduta dalla dicitura 棍 / Kon; riporto tra parentesi i kanji come compaiono negli appunti di Uemura):

  • Shūji (周氏, può essere letto anche come Shūshi)
  • Sueyoshi (末吉)
  • Shirotaru (白樽, può essere letto anche come Hakuson)
  • Sakugawa (佐久川)
  • Matzukaze (松風)

La progressione che fornisce Hayashi è leggermente diversa:

“Dopo che uno ha imparato i primi rudimenti col bō, seguirà l’insegnamento di Sūji no Kun, a seguire Sakugawa no Kun, Yunigawa no Kun, Shirotaru no Kun. Tra questi ho imparato principalmente Sūji no Kun, Sakugawa no Kun ed anche il Matzukaze no Kun del maestro Yoshitaka Funakoshi. Matzukaze no Kun è un kata di bō di livello piuttosto alto, che il maestro Yoshitaka ha codificato completamente da zero sulla base di Sūji no Kun e Sakugawa no Kun”

In pratica la progressione che dà Hayashi è la seguente:

  • Sūji no Kun
  • Sakugawa no Kun
  • Yunigawa no Kun
  • Shirotaru no Kun
  • Matzukaze no Kun

Sempre Hayashi ci fornisce anche alcuni dettagli tecnici, dicendo che:

“Sūji no Kun è un kihon-gata e la sua esecuzione richiede circa un minuto…Sakugawa no Kun richiede circa due minuti per essere eseguito. Entrambi sono kata principalmente con la mano destra. Matzukaze no Kun è un kata con un modo di oscillare che usa ampiamente anche la sinistra [Hayashi intende che il kata usa anche il lato sinistro del corpo avanzato con la corrispondente mano sinistra]”

Le due progressioni didattiche hanno aspetti molto interessanti. Entrambe iniziano col kata Shūshi no Kon, che Hayashi definisce un kihon-gata; spesso il termine kihon (基本) viene mal interpretato come “di base” (cioè semplice, basilare), in realtà riferito a un kata ha il significato di “fondamentale” (cioè davvero importante). In quest’ottica, il kata Shūshi no Kon si conquista un prestigio notevole, un posto di primo rango; personalmente, ritengo che questo kata vada approfondito molto seriamente.
Tornando alle due sequenze didattiche, notiamo che il kata Matzukaze no Kon compare come l’ultimo della lista. Gigō Funakoshi ultimerà la codifica di questa forma nel 1941, il che rende questo kata il più giovane dei cinque, ma a torto o ragione, sarà considerato dagli istruttori di allora come il kata più avanzato.

E’ impossibile non notare che nella progressione di Hayashi scompare del tutto il kata Sueyoshi no Kon, e al suo posto viene inserito lo Yunigawa no Kun. Da un lato questo fatto rafforza l’ipotesi che Gichin Funakoshi abbia appreso il kata Sueyoshi no Kon dall’omonimo maestro, dall’altro la presenza del kata Yunegawa no Kon dona forza e congruenza all’origine del sistema stilistico di bō della Shōtōkan-ryū: so che sembri una supercazzola, ma tra poco ci arriveremo 🙂

La guerra…gli anni bui per il bō-jutsu dello Shōtōkai…e poi fino ai giorni nostri

Siamo agli inizi degli anni 40, Gigō Funakoshi ha terminato di codificare un nuovo kata di bō (Matzukaze no Kon). Il “Waka Sensei” ce la sta mettendo tutta per formalizzare un curriculum di studio moderno per la scuola Shōtōkan; i metodi e il sistema stilistico di Funakoshi padre stavano piano piano sparendo (purtroppo…). Nuovi kata furono importati dallo Shito-ryū e “Shōtōkan-izzati”, le posizioni furono abbassate, nuove tecniche furono codificate e molti kata furono cambiati di conseguenza; il sistema stilistico di bō comprendeva cinque kata.
Fatto sta che gli allenamenti allo Shōtōkan procedevano incessanti, ma la seconda guerra mondiale era già arrivata, assieme alle tragedie che ne deriveranno. Molti allievi del dōjō, così come molte matricole dei vari club universitari di Karate, erano partiti per la guerra; alcuni torneranno, molti altri no. Il 1945 è un anno tragico per Gichin Funakoshi, come un fulmine a ciel sereno cadranno su di lui due disgrazie non da poco:

  • nel mese di Marzo il dōjō Shōtōkan viene raso al suolo da un bombardamento aereo su Tōkyō
  • a soli 39 anni di età, suo figlio Gigō muore di tubercolosi nel mese di Novembre

Inoltre nell’autunno del 1947, sua moglie Gozei viene a mancare a causa di una crisi d’asma. Credo che la situazione con cui l’anziano Funakoshi dovette fare i conti sia più che chiara, proviamo a riassumerla nei punti salienti:

  • vicino alla soglia degli 80 anni, Gichin dovette affrontare il dispiacere di perdere un figlio (nonché successore della propria scuola) e la moglie
  • il dōjō che tanto aveva desiderato fu spazzato via in una notte
  • con l’avvento della Seconda Guerra Sino-Giapponese (1937-1945) e della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), molti degli allievi più avanzati dovettero partire per partecipare ai conflitti armati; a causa dei sostanziali cambiamenti apportati da Gigō Funakoshi durante il periodo bellico, quelli che tornarono non riconobbero più il Karate per come lo avevano appreso prima della guerra

In questo quadro desolante, è ovvio che molto si perse, anche per quanto riguarda la pratica del bō così come era stata codificata in seno allo Shōtōkan.
Per la futura NKS (Nihon Karate-Dō Shōtōkai), fu una vera fortuna che Yoshiaki Hayashi sopravvisse alla guerra. E’ grazie a questo maestro che i futuri esponenti di spicco della NKS (Hironishi, Takagi) potranno ritrasmettere i kata di bō all’interno dello Shōtōkai. Scopriamolo con le loro stesse parole.
Motonobu Hironishi ci racconta che nel 1951 Jōtarō Takagi era molto preoccupato sul fatto che la pratica del bō potesse cadere nel dimenticatoio. Così Takagi si consultò con alcuni colleghi e insieme organizzarono delle sessioni di allenamento con Hayashi:

“Quando fu approssimativamente il mio incontro col bō? Mi ricordo che fu intorno al 1951/1952. Mi consultai con Yanagisawa [基弘柳澤 / Motohiro Yanagisawa] ed altri. Invitammo Yoshiaki Hayashi, in un periodo in cui era molto impegnato, a venire al dōjō dell’Università di Chūō e qui ricevemmo istruzioni. Era mia intenzione imparare sia il kihon che i kata in una volta sola. Tuttavia, a causa della pigrizia seguente, avevo completamente dimenticato i kata. Fortunatamente furono tenuti a mente da Yanagisawa” – Shōtōkan gojū-nen no Ayumi (松濤館五十年のあゆみ / Shōtōkan 50 anni di storia, pubblicato nell’Ottobre 1988)

Secondo Tsunejirō Uemura, riferendosi principalmente a coloro che seguirono Funakoshi come maestro, al tempo a Tōkyō c’era una sola persona che possedesse vera esperienza riguardo alla pratica del bastone:

“Nella capitale, eccetto Hayashi, per quanto riguarda le persone che sono in grado di maneggiare il bō, non c’è nessuno”

Sempre Jōtarō Takagi ci racconta la tragica situazione in cui versava la pratica del bō nel periodo bellico e post-bellico, confermando il quadro funesto che abbiamo analizzato pochi paragrafi sopra:

“I già poco conosciuti kata di bō, in mezzo allo scompiglio durante la guerra e dopo la guerra furono completamente dimenticati” – Shōtōkan rokujū-nen no Ayumi (松濤館六十年のあゆみ / Shōtōkan 60 anni di storia, pubblicato nell’Ottobre 1998)

Un discorso particolare va fatto per Shigeru Egami, che ci porterà purtroppo a una serie di interrogativi non indifferenti. Sappiamo che Egami fu dispensato dal servizio militare e quindi non partì per prestare servizio durante la guerra. Fu quindi presente durante tutta l’evoluzione e la trasformazione che il Karate subì all’interno dello Shōtōkan, e fu un aiutante prezioso per le sperimentazioni di Gigō Funakoshi; lo testimoniano anche diverse foto che ritraggono i due amici mentre si allenano insieme al Ten No Kata (ura). Per quanto riguarda la nostra ricerca, possiamo stare certi che Egami assistette alla codifica del kata Matzukaze no Kon: è impossibile che Egami non conoscesse l’origine di questo kata, perchè lo creò il suo migliore amico di dōjō nonché suo Senpai.
Nel suo libro del 1970, Egami Sensei usa parole molto chiare, egli non considera il bastone semplicemente come una qualsiasi arma praticata nel Karate, bensì lo considera come un fondamento del Karate stesso:

“Sembra che le tecniche tradizionali del Karate abbiano soprattutto il bō come base. Tuttavia, poiché si dice che il Karate-Dō delle origini sia il fondamento del budō in generale, è plausibile che sia relazionabile alle più svariate armi, dalla spada alla lancia, al bastone, alla sciabola, senza alcuna eccezione. Se si impugna una sciabola, diventa immediatamente l’arte della sciabola [ken-jutsu]. Se si impugna una lancia, diventa l’arte della lancia [il sō-jutsu]. Inoltre la condizione che si viene a creare rimuovendo le armi deve diventare vero Karate-dō. Si dice che nell’antichità fossero esistite persone che, raggiunto il livello più profondo dell’arte [極意 / gokui] della sciabola, decidessero di abbandonarla, ricorrendo solo in casi estremi a una sciabola di dimensioni ridotte.
La pratica dei kata è qualcosa che dovrebbe essere fatto familiarizzando a sufficienza con cose come quelle scritte sopra.”

Nel libro che scriverà sei anni dopo, Egami ribadisce il concetto con parole del tutto simili, per cui evito di riportare il testo. Anche Motonobu Hironishi, grande amico di Egami e suo coevo, affronta questo tema:

“Inoltre kon [棍] e Karate hanno una relazione profonda. Se uno non si esercita con il bastone, non diventerà abile nemmeno nel Karate. Il kon ha la pratica del corpo nel suo insieme, in particolare le anche, come punto focale. Inoltre permette di approfondire e migliorare i punti poco chiari del Karate.”

Ma arriviamo alle parti dolenti. Purtroppo nei suoi due libri, Egami Sensei non cita nemmeno un kata di bō, anche solo per sbaglio. Lo stesso Hironishi, nel libro che scrisse nel 1955 (目でみる空手入門 / “Me de miru karate nyumon”, ovvero “Una introduzione al Karate”), dedica al bō solo un piccolo trafiletto, accompagnato da alcune foto di Gigō Funakoshi.

Il libro di Motonobu Hironishi dedica solo un piccolissimo spazio alla pratica del bō. Il testo dice che le immagini (per le quali ha posato Gigō Funakoshi) ritraggono dei kata di bō, e che il modo di usare il bastone è del tutto simile al karate (mano vuota), ci sono colpi opposti (逆突 / gyaku tsuki), colpi a due mani (諸手突 / morote tsuki), ecc. Nulla di veramente interessante.

C’è un ulteriore fatto da considerare, cioè che non esiste pubblicamente alcuna foto di Egami nè di Hironishi che li ritragga col bō (o quantomeno non sono mai riuscito a trovarne); al contrario ne esistono di diverse in cui è immortalato Gigō Funakoshi. La situazione si complica ancora di più se analizziamo il libro di Egami del 1970, in cui Hiroyuki Aoki (宏之青木, nato nel 1936 e fondatore dello Shintaidō / 新体道) cura completamente la parte riguardante il bō. Nel libro Aoki presenta 4 kata di bastone (tra parentesi riporto i kanji usati):

  • Sueyoshi no Kon (末吉の棍)
  • Sakugawa no Kon (佐久川の棍)
  • Shirotaru no Kon (白樽の棍)
  • Matzukaze no Kon (松風の棍)

Aoki introduce i kata sopraelencati con le seguenti parole:

“Per documentare i kata di bō, ho iniziato a studiare varie cose intorno al 1964 [Shōwa 39], ma il procedere era molto difficoltoso perché in origine questa via [qui Aoki intende forse il kobudō] veniva trasmessa solo attraverso persone affidabili e tramite l’insegnamento orale; pertanto, a causa di un’estrema carenza di documenti, è stato difficile raccogliere sufficienti informazioni sui kata. Ed è stato ancora più difficile ricostruirli. I quattro kata presentati sono stati ricostruiti con successo come quasi perfetti (solo l’origine di Matzukaze è sconosciuta). Vorrei celebrare in questo modo la brillante presentazione di alcuni kata di bō, insieme ai miei giovani colleghi che hanno lavorato duramente per arrivare così lontano. Non esiste alcuna documentazione su come esercitarsi con il bō, quindi [in futuro] vorrei introdurre alcuni metodi di allenamento di base per i principianti. (Aoki)” – Karate-Dō. Senmonka ni okuru”, 1970

Quando Aoki parla dei suoi “giovani colleghi”, si riferisce ai membri del Rakutenkai (楽天会 / “Collegio degli ottimisti”), un gruppo di ricerca costituito nel Settembre 1965 e presieduto da Aoki. I membri del Rakutenkai furono scelti tra i migliori studenti di Egami dell’università di Chūō, una trentina di giovani artisti marziali di alto livello, esperti in differenti arti marziali: Aikidō, Karate-Dō, Jūdō, Kendō, Bojutsu. Tornando alle parole di Aoki, notiamo subito che la sua progressione di kata ha tratti del tutto simili a quella descritta da Yoshiaki Hayashi. Sorvoliamo sulla rimozione del kata Yonegawa no Kon (presente invece nella lista di Hayashi), ma notiamo subito invece che il kata Matzukaze no Kon è riportato ancora una volta come l’ultimo dell’elenco. E ora attenzione Shōtōkai-isti: Aoki riporta Sueyoshi no Kon come primo kata, ma si tratta in realtà del Shūshi no Kon, come scopriremo molto presto. Purtroppo questo errato cambio di nome è tuttora presente all’interno della scuola Shōtōkai, ma nessuno vieta di porvi rimedio…

La parole di Aoki però ci gettano addosso anche una serie di dubbi notevoli. Perchè ci dice che non è riuscito a identificare l’origine del kata Matzukaze no Kon? A me pare davvero impossibile, il suo maestro Egami era stato spettatore privilegiato al dōjō Shōtōkan durante la codifica di questo kata da parte di Gigō Funakoshi. E’ possibile che Aoki non si sia consultato minimamente con Egami? Nemmeno una domanda? E’ vero che Egami era in cattive condizioni di salute a quel tempo, ma Aoki è stato molto vicino a lui e alla relativa famiglia (dava loro aiuto economico fondamentale), quindi non ci vedo motivo per non consultarsi col proprio maestro. Per concludere il capitolo Aoki, sul n.54 di “The journal of British Shintaido” veniamo a sapere che all’interno del Rakutenkai il responsabile del bō-jutsu era un certo Shikoh Hokari.
In conclusione, la mia personale idea è che durante il suo percorso di studi all’università di Chūō, Aoki apprese poco della pratica del bō dal maestro Egami (a causa dei motivi di salute di quest’ultimo o per sue scelte didattiche mirate) e che integrò le sue conoscenze grazie alla formazione del Rakutenkai. Non dimentichiamo che l’università di Chūō fu la sede in cui Hayashi ravvivò la fiamma del bō una decina di anni prima: è probabile che in quel determinato ateneo la tradizione del bastone continuò su quelle basi e che direttamente o indirettamente Aoki ne fu influenzato.

Ci avviciniamo ora ai giorni nostri, anno 1990, mese di Gennaio. Il sottoscritto, allora tredicenne, inizia la pratica del karate-dō, scuola Shōtōkai…yeeeeeeehhhh! 😀
Ricordo ancora che dopo pochi anni (ero ancora una cintura colorata, quindi all’incirca 1993/1994), fui introdotto alla pratica del bō dal mio maestro Paolo Borghesi, allievo del maestro Roberto Alpi. E’ storia ormai nota che in Italia, dopo la morte del maestro Murakami, lo Shōtōkai nel suo insieme subì una pletora di scissioni, abbandoni, creazione di gruppi isolati, picche e ripicche; e non è che in Giappone le cose andarono meglio quando alcuni anni prima morì Egami Sensei (basti ricordare l’epurazione di Miyamoto, la scissione e fondazione dello Yutenkai, ecc).
Senza fare della dietrologia senza senso, sono dell’idea inamovibile che da questi avvenimenti TUTTI hanno avuto solo da perdere e nessuno ci ha guadagnato.

Questo piccolo “rigurgito” del passato mi serve però per inquadrare la situazione di allora, al solo scopo di continuare nella ricerca. In particolare, dalle testimonianze degli allievi italiani più anziani di Murakami (tra i quali ringrazio il maestro Alpi e il maestro Romolini per la loro gentile disponibilità), sappiamo che egli non insegnò mai il bō: il che significa, quindi, che Murakami non fu mai esposto a questa pratica. Sempre il maestro Alpi mi ha raccontato che dopo la morte di Murakami ci furono i primi contatti col maestro Atsuo Hiruma (allievo diretto di Egami) e che già durante le prime visite in Spagna avvenute nel 1988, il maestro Hiruma insegnava il bō, kata compresi. Questi kata furono insegnati al maestro Alpi che li ritrasmise di conseguenza al mio maestro Paolo Borghesi ed infine giunsero anche a quell’allora ragazzino che ora vi sta scrivendo.
Sempre riguardo al maestro Hiruma, c’è da aggiungere che praticò karate sotto la guida del maestro Egami quando la salute di quest’ultimo si era già deteriorata. Secondo il sito della Italia Shotokai Karate-DO (I.S.K.Do), proprio a causa di questo fatto, Hiruma ebbe come istruttore anche Ayahito Sugimoto (1933-2005). Questo fatto è molto interessante, perché Sugimoto entrò a far parte del club di karate dell’Università di Chūō nel 1952 (e più avanti negli anni ne diventò anche il manager): è assai probabile che Sugimoto sia stato esposto agli insegnamenti di Hayashi e che quindi abbia imparato i kata di bō direttamente da quest’ultimo.

Da sinistra verso destra, i maestri Ayahito Sugimoto, Luca Lombardi, Atsuo Hiruma

C’è un punto che mi preme sottolineare, e cioè la progressione didattica dei kata di bō usata da Hiruma (il maestro Alpi mi ha confermato che apprese i kata proprio in quest’ordine già al tempo) e che è tuttora rimasta immutata nella scuola Shōtōkai di cui faccio parte:

  • Sueyoshi no Kon
  • Matzukaze no Kon
  • Sakugawa no Kon
  • Shirotaru no Kon

Questa progressione differisce da quella di Hayashi e di Aoki per quanto riguarda il kata Matzukaze no Kon: non è più l’ultimo dell’elenco, ma compare come secondo. Questo fatto è bizzarro, visto che nel sito della NKS il Matzukaze no Kon è l’unico kata ufficiale di bō nominato. Nella progressione adottata dal maestro Hiruma, com’era già successo per Aoki, continua invece a persistere il nome sbagliato del primo kata.

Chiudo questo lungo paragrafo riportando una comunicazione personale di Henning Wittwer, il quale mi ha confermato che il 27 Agosto 1987 allo Shōtōkan (il dōjō) di Tōkyō, la Shōtōkai/NKS organizzò un primo corso avente come tema principale proprio il bō e i relativi kata, al quale seguirono regolarmente eventi simili. Gli istruttori responsabili erano Hironishi e Yanagisawa.

L’anello mancante

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che alla fine degli anni ’30, all’interno dell’allora nuovo e fiammante Shōtōkan, la pratica del bō comprendeva 5 kata; uno di essi, Matzukaze no Kon, fu codificato ex-novo dal terzogenito di Gichin Funakoshi. Abbiamo seguito l’evoluzione della progressione didattica relativa a questi kata, e bene o male abbiamo capito come sono giunti fino ai giorni nostri. Abbiamo scoperto che durante gli anni bui della guerra si è rischiato che tutto si perdesse, ma per fortuna la fiamma è rimasta accesa.
Rimane però irrisolto il più grande degli interrogativi: da dove e come sono arrivati quei kata di bō all’interno dello Shōtōkan? Se siete stati dei lettori attenti, avrete notato che tra il paragrafo “Il secondo salto all’indietro” e quelli successivi, c’è uno stacco temporale di circa 10 anni. Cosa successe in quel periodo? Scopriamolo.

Il club universitario di Keiō

Nell’Ottobre del 1924 l’Università di Keiō istituisce il primo club di Karate universitario del Giappone, si tratta quindi del club più antico in assoluto.
Funakoshi è stato determinante per la nascita di questo club, tantè che ne sarà lo Shihan (師範 / istruttore) sin dall’inizio. Però come vedremo non sarà l’unico insegnante di karate del club, una situazione questa che esporrà i relativi membri anche ad altri tipi d’insegnamento.

Il nucleo del club di Karate dell’università Keiō, 1924. Tra i presenti ci sono le sette persone che ricevettero il grado di primo Dan da Funakoshi: Hironori Ōtsuka (fila in alto, secondo da destra), Shinkin Gima, Ante Tokuda, Shinyo Kasuya (professore di tedesco dell’istituto, seconda fila terzo da sinistra), Akiba, Shimizu Toshiyuki, Hirose.
Il club di Karate dell’università di Keiō, Febbraio 1929. A giudicare dal modo di vestire, si tratta probabilmente di una festa di laurea. Davanti, di fianco a Funakoshi, c’è il professor Shinyo Kasuya.

Nel Gennaio del 1933, il club organizzò un corso con Mōden Yabiku (1878-1941), un esperto di bō-jutsu proveniente dalla scuola di Masanrā Chinen. Ecco un resoconto di come si svolsero gli eventi:

“In occasione della venuta a Tōkyō di un rappresentante di spicco del bō-jutsu delle Ryūkyū, il signor Mōden Yabiku, fu organizzato un corso di bō-jutsu a cui parteciparono tutti i membri di “ampie-vedute” [cioè di mente aperta, “smart”] del club; il corso si tenne in un dōjō di jūdō a Tsunamachi, nei giorni 21, 23 e 25 Gennaio 1933. I partecipanti furono più di 60, ma a causa del poco tempo non fu possibile approfondite molto l’argomento; tuttavia imparammo Shūji-Kon e Sakugawa-Kon Shodan.
Dopotutto il bō-jutsu è Karate tenendo in mano un bō. Se una persona non conosce sufficientemente prima il karate, quella persona non conosce nemmeno l’utilizzo del bō. Anche dal punto di vista di chi vuole imparare i kata di bō, ci siamo resi conto dell’importanza del karate-dō. Per questo pensiamo che il corso abbia avuto senso.”

Al club dell’Università di Keiō la pratica del bō-jutsu era tenuta in grande considerazione. Non a caso per il decimo anniversario della nascita del club, il 21 Ottobre 1934 fu tenuta una dimostrazione di Karate in cui furono eseguiti molti kata a mani vuote ed anche due kata di bō: Shūji no Kon e Sakugawa no Kon.
Hayashi stesso, nel 1957 scrisse che “la probabilità di incontrare un praticante di karate capace di maneggiare anche il bō è più alta tra i vecchi laureati dell’Università di Keiō”.

Per quanto riguarda la nostra indagine, scopriamo che Isao Obata (功小畑, 1904–1976) entrò all’Università di Keiō nel 1923, e fu uno dei primissimi allievi di Funakoshi. A causa del terremoto di Kanto anche il dōjō dell’ateneo Keiō fu distrutto, ma fu ricostruito nel giro di un anno, cosicché gli allenamenti poterono riprendere già nel 1924. Nel corso degli anni successivi, Obata assistette Funakoshi nell’insegnamento del karate presso le università Takushoku, Waseda e Shoka (la futura Hitotsubashi). Obata fu anche il capitano del club di karate dell’Università di Keiō e nel 1926 ricevette la cintura nera direttamente da Funakoshi. Come mostra la seguente foto, Obata si è sicuramente esercitato nel bō sotto la guida di Gichin Funakoshi:

Obata (a sinistra) sta eseguendo una tecnica di difesa contro un attacco di bō (portato da Funakoshi). Questa foto è stata scattata all’interno di una sala dell’istituto Keiō, circa nel 1930. Funakoshi nel 1924 riuscì ad aprire il club di Karate in questa università grazie a una lettera di presentazione (firmata dal professor Shinyo Kasuya), con la quale chiese di utilizzare una sala dell’istituto già allora allocata (come dōjō di Kendō e Jū-jutsu…in cui insegnava Yasuhiro Konishi!), per insegnare il Karate.

Non sappiamo se Obata abbia imparato da Funakoshi qualche kata di bō, ma secondo quello che abbiamo intravisto seguendo Gichin e i suoi scritti, probabilmente Obata fu esposto solo alle relative kihon waza e imparò al più qualche tecnica di difesa (le stesse che Funakoshi presentò in Karate-Dō Kyōhan). Di sicuro Obata non poté partecipare al corso tenuto da Yabiku Mōden, poiché nel 1932 partì per la Manchuria e vi rimase per 10 anni lavorando come consulente economico della Manchurian Aviation Company.
Quando il Giappone entrò in guerra, il fratello di Obata si arruolò nell’esercito imperiale giapponese come ufficiale, e purtroppo trovò la morte nell’aspro combattimento di Iwo Jima; fu così che Obata, nel frattempo sposatosi, dovette tornare in Giappone per occuparsi della madre e della sorella. Obata poté riprendere l’addestramento sotto Funakoshi soltanto alcuni anni dopo la fine della guerra. In conclusione, nulla fa pensare che Obata conoscesse i kata di bastone: quindi non può essere stato lui la fonte di 4 delle 5 forme di bō dello Shōtōkan.

Il club dell’Università Imperiale di Tōkyō: parte I

A nemmeno un anno dalla fondazione del club di Keiō, anche l’Università Imperiale di Tōkyō si dotò di un proprio club di karate. Fu così che nell’Ottobre 1925 nacque il Tōkyō Teikoku Daigaku Karate Kenkyūkai (東京帝国大学唐手研究会 / letteralmente “Gruppo di studio del Karate dell’Università Imperiale di Tōkyō”). Gichin Funakoshi fu chiamato per assumere il ruolo di Shihan (istruttore), che manterrà fino al Dicembre 1929. Fu sicuramente motivo di vanto per Gichin, visto che l’università di Tōkyō era ed è considerata la più prestigiosa del Giappone (similmente a Oxford o Harvard).

Foto di gruppo del Tōkyō Teikoku Daigaku Karate Kenkyūkai (club di Karate dell’Università Imperiale di Tōkyō), Ottobre 1926. Funakoshi è seduto in seconda fila, quinto da destra.

A questo punto della storia, entrano in scena due personaggi cruciali per la nostra ricerca. Il primo è Mutsu Mizuho (il cui vero nome è Takada Mizuho / 高田瑞穂, 1898-1970), un giovane laureato dell’università di Keiō che lavorava come insegnante alla Tōdai (東大, è il nome moderno dell’Università Imperiale di Tōkyō). Mutsu era anche un praticante di Karate, i suoi insegnanti erano Gichin Funakoshi e Hironori Ōtsuka. Il secondo protagonista che vorrei introdurre è un giovane studente chiamato Miki Jisaburō (三木二三郎, 1904-1952), che nel 1928 entrò a far parte del club di karate della Tōdai, sotto la guida di Funakoshi.

Takada Mizuho, 1898-1970

Il karate che insegnava Funakoshi consisteva essenzialmente nella ripetizione continua dei kata, esattamente lo stesso metodo con cui lui aveva appreso il karate a Okinawa dai suoi maestri. Secondo il sito della Tōdai, questa pratica di stampo ortodosso (che Funakoshi non aveva intenzione di modificare) scontentò a lungo andare gli studenti, che si sentivano insoddisfatti e assai più attirati dal combattimento libero. In breve tempo molti studenti iniziarono a praticare bōgu kumite (防具組手, cioè combattimento con le protezioni) alle spalle di Funakoshi, sapendo benissimo che il maestro era profondamente contrario a questo tipo di pratica. Il desiderare tutto e subito fa parte dell’indole di ogni giovane, e ovviamente Miki e Mutsu non furono l’eccezione.
Nel luglio 1929 partirono per Okinawa, con lo scopo di studiare le tradizioni di combattimento autoctone dell’isola. Durante la loro permanenza, che durò qualche mese, visitarono eminenti insegnanti di karate e kobu-jutsu come Chōjo Ōshiro (1887-1935), Chōtoku Kyan (1870-1945), Mōden Yabiku (1882-1945), Chōjun Miyagi (1888-1953) e Kentsū Yabu (1866-1937). Tornati a Tōkyō, Miki e Mutsu misero per iscritto tutto ciò che impararono, e nel 1930 fu pubblicato Kenpō Gaisetsu (拳法概説, letteralmente “Compendio sul metodo del pugno”). Questo libro è pieno di dubbi e di critiche nei confronti di Gichin Funakoshi e del suo Karate; Mutsu ce lo dimostra in un passaggio piuttosto esplicito:

“Miki aveva eseguito Naifuanchi e Passai per Yabiku, ed egli asserì che i suoi kata non erano karate, ma semplicemente una danza senza vita”

Altamente irrispettoso e al tempo stesso preziosissimo, questo gioiello cartaceo chiamato Kenpō Gaisetsu cela una grande quantità di informazioni che sono state generalmente perse; non a caso fu anche la prima pubblicazione a contenere la descrizione dei kata Passai shō (Bassai shō), Kōsōkun shō (Kankū shō) e Gojūshiho (in due varianti), fino ad allora praticamente inesistenti in terra madre (Giappone). Inoltre è inclusa una sezione sul bō-jutsu di Okinawa nonché tre kata di bastone (六尺棒 / bastone lungo 6 shaku = 182cm), grazie al contributo di Chōjo Ōshiro e Mōden Yabiku, entrambi esperti della scuola Yamanni-ryū (山根流).

I tre kata di bastone presentati nel libro sono Shūshi no Kon (周氏之棍), Sakugawa no Kon (佐久川之棍) e Shirotaru no Kon (白樽之棍).

Miki imparò questi kata da Chōjo Ōshiro, che come lui stesso ci spiega era un eminente esperto di bō-jutsu:

“Ōshiro era conosciuto come un esponente di spicco nel bō-jutsu delle Ryūkyū. E il famoso maestro di bō-jutsu Yamane no Chinen era il suo insegnante.”

Al tempo Chōjo Ōshiro viveva nel quartiere Ōnaka (Ōnaka-chō) di Shuri e lavorava come insegnante regolare presso la scuola tecnica (工業学校 / Kōgyō Gakkō), dove impartiva anche lezioni di karate e di bō-jutsu ai giovani dell’epoca. In aggiunta, Ōshiro insegnava karate e kobudō alla “Scuola per insegnanti della prefettura di Okinawa” (沖縄県師範学校 / Okinawa-ken Shihan Gakkō), dove era attivo anche Kentsū Yabu.

In Kenpō Gaisetsu la descrizione delle tre forme di bastone è preceduta da una paginetta molto interessante, in cui gli autori elencano una serie di esperti di bō-jutsu assieme a una lista molto esaustiva di kata di bō. Molti nomi delle persone elencate sono seguiti dall’appellativo di 爺 (Jī in Giapponese) che significa “anziano” o “nonno”, ma inteso non in senso negativo, bensì come forma rispettosa. Nella lingua di Okinawa, lo stesso kanji si legge Tanmē (per gli anziani appartenenti alla classe dei Samurai) o Usumē (per tutti gli altri).

2 百年以前—-約三百年以後 (300-100 anni fa)
幸良小爺(Kōra Gwa)   宜野灣殿内(Jinōn DUNCHI; 灣 è la versione antica di 湾)   謝邊ノ親方(Sabī no UEEKATA)   棒ノ宮里(Bō no Miyazato)   津堅端多小(Chikin Hanta Gwa)   佐久川(Sakugawa)

3 百年以内 (“entro 100 anni”, inteso come “nel periodo degli ultimi 100 anni”)
末吉ノ親方(maestro Sueyoshi; s’intende Jinō Sueyoshi, 1847-1920)   當山ノ爺(Tōyama)   仲渠ノ爺 (qui c’è un errore nel testo, si voleva intendere 仲村渠, Nakandakari)   山ノ根ノ知念爺 (Yaman-nī no Chinen)   松村翁 (Matsumura okina, cioè “il venerabile” Matsumura; s’intende Sōkon Matsumura, 1809–1899)   新垣小 (Aragaki Gwā, s’intende Seishō Aragaki, 1840–1918)

棒の名稱 (nomi dei [kata di] bō)

1 周氏の棍 二ツ (Shūshi no Kon, due versioni)
2 佐久川の棍 四ツ (Sakugawa no Kon, quattro versioni)
3 米川の棍 (Yonegawa no Kon)
4 白樽の棍 (Shirotaru no Kon)
5 志喜屋仲の棍 (Shikiyanaka no Kon)
6 趙雲の棍 (Chōun no Kon)
7 長棒 (Naga bō)
8 昭琉の棍 (Shoryu no Kon)
9 津堅棒—-砂掛 (Tsuken bō anche conosciuto come Sunakake)

Una volta tornato a Tōkyō nell’autunno 1929 (quindi prima della pubblicazione di Kenpō Gaisetsu), Miki iniziò a insegnare i kata appresi a Okinawa all’interno del club di karate della Tōdai. I membri di questo club, Miki compreso, sfoggiarono i nuovi kata nel Novembre 1929, durante una dimostrazione pubblica: Miki si esibì nel Sakugawa no Kon, altri studenti nel Shūshi no Kon. Funakoshi, che ancora ricopriva il ruolo di capo istruttore, si esibì nel kata Naihanchi Shodan. L’anno successivo (Maggio 1930), in occasione dello stesso tipo di evento, gli studenti esibirono il kata Shirotaru no Kon: questa volta però Funakoshi non fu presente alla dimostrazione, perchè nel Dicembre dell’anno precedente (1929) successe un evento che è, dal mio punto di vista, molto significativo. Per capirlo appieno, riassumiamo brevemente gli eventi fin qui narrati:

  • Ottobre 1925, nasce il club di karate dell’Università Imperiale di Tōkyō, l’università più prestigiosa di tutto il Giappone
  • Viene chiamato Gichin Funakoshi a ricoprire il ruolo di capo istruttore
  • 1928, Miki Jisaburō entra a far parte del club di karate; Mutsu Mizuho lavorava nell’ateneo come insegnante. Miki era praticamente un totale novellino (riguardo al karate), e Mutsu studiava sotto la guida d Funakoshi e Ōtsuka (quest’ultimo era assistente di Funakoshi)
  • Luglio 1929, Miki e Mutsu partono per Okinawa dove imparano una serie di kata (sia a mano vuota che di bō) da vari esperti locali
  • Autunno 1929, Miki e Mutsu tornano a Tōkyō e in totale sfregio alla gerarchia vigente, Miki “passa” i kata di bō (appresi a Okinawa) ai membri del club di karate
  • Novembre 1929, si svolge la “Dimostrazione d’Autunno” e i membri del club di karate sfoggiano 2 dei 3 kata di bō appresi da Miki (quindi al di fuori degli insegnamenti di Funakoshi che era, ricordiamolo, l’istruttore capo). In qualità di Shihan anche Funakoshi si esibisce nel kata Naihanchi
  • Già negli anni precedenti gli studenti del club di karate avevano iniziato ad esercitarsi nel bōgu kumite, alle spalle di Funakoshi (fortemente contrario a questo tipo di pratica); da questo punto di vista, ci mise lo zampino anche Hironori Ōtsuka, anch’egli in cerca di “qualcosa di più dinamico”
Un incontro (試合 / shiai) di bōgu kumite (combattimento con le protezioni) al club di Karate dell’Università Imperiale di Tōkyō, 1929. Funakoshi era fortemente contrario a questo tipo di pratica.

Il comportamento di Mutsu, Miki, e tutti gli altri studenti fu un sonoro affronto a Funakoshi, al suo karate e ai suoi principi morali. Invece di prenderli a schiaffi e metterli in riga, Funakoshi scelse la via di minor resistenza, in puro stile Taoista: nel Dicembre 1929 rassegnò le dimissioni, abbandonando di fatto il secondo club di Karate più antico del Giappone, all’interno dell’ateneo più prestigioso. Sono certo che per Funakoshi non fu affatto facile, ma tenne virtuosamente dritta la barra dei propri principi morali e del proprio karate.

Un’altra foto scattata all’interno del club di Karate dell’Università Imperiale di Tōkyō, 1929 circa.

Nel periodo che va dall’Aprile 1933 al Dicembre 1936, fu Mutsu a ricoprire il ruolo di insegnante nel club di karate. Dopodiché fu costretto a dimettersi per aver usato senza permesso il nome della Karate Kenkyūkai durante l’annuncio della sua candidatura politica per la “Camera bassa”. Questo fatto non fa altro che confermare la scarsa caratura morale di mister Mizuho. Subentrò al suo posto (ma guarda un po’!) Hironori Ōtsuka, il quale nel 1938 registrerà il proprio stile di karate (presso il Dai Nippon Butoku Kai) col nome di Shinshū Wadō-ryū Karate Jutsu (神州和道流空手術, successivamente abbreviato in Wadō-ryū / 和道流) e fonderà la Wadō-kai (和道会), cioè l’organizzazione all’interno della Japan Karate Federation (JKF) per la pratica dello stile di karate Wadō-ryū. Ōtsuka ha sempre stressato di più l’importanza del kumite rispetto alla pratica dei kata, e di certo ne furono felici i giovanotti del club di karate della Tōdai, tant’è che questo ateneo da allora in poi diventò famoso, nell’ambito del karate, come scuola centrale del Wadō-ryū; gli altri centri principali furono l’università Meiji (明治大学 / Meiji Daigaku), l’università Nihon (日本大学 / Nihon Daigaku) e l’università di Agricoltura di Tōkyō (東京農業大学 / Tōkyō Nōgyō Daigaku).

Il club dell’Università Imperiale di Tōkyō: parte II

Abbiamo visto gli eventi salienti che accaddero alla Tōdai tra gli anni 1925 e 1936. Il destino volle che due giovani “spavaldi”, un ventenne di nome Miki Jisaburō e un trentenne di nome Mutsu Mizuho, non contenti del karate insegnatogli da Gichin Funakoshi, andassero a studiare presso alcuni esperti di Okinawa. Si può convenire che un’arte complessa come il karate non si possa “capire” nel giro di pochi anni: è palese che al tempo, la comprensione che Miki e Mutsu avevano dell’arte era assolutamente insufficiente per poter criticare l’operato di Funakoshi. Ma non si può andare contro la propria natura, qualunque essa sia: fu così che i due giovani scalpitarono, mentre il saggio maestro si fece da parte.

Miki Jisaburō in un passaggio del kata Shūshi no Kon.

Ma il destino a volte ci sorprende, e anche il comportamento irrispettoso di Miki e Mutsu portò qualcosa di buono con sé. Mi riferisco al libro che scrissero (Kenpō Gaisetsu) e soprattutto ai tre kata di bō che ritrasmisero all’interno del club di karate dell’Università Imperiale di Tōkyō. Essì, perché nell’ombra, durante lo svolgersi di tutti questi avvenimenti, c’era un’altra persona che frequentava l’ateneo…lo abbiamo già visto nei primi paragrafi…anch’egli poco più che ventenne…e con uno spirito indomito decisamente fuori dal normale…Esatto, Gigō Funakoshi! Se a questo punto del viaggio vi siete persi, tranquilli, vi basterà rileggere il paragrafo “Il secondo salto all’indietro: tale padre tale figlio (mica tanto)”; per agevolarvi, riporto di seguito le due dichiarazioni più importanti già presentate nel paragrafo:

  • Hironori Ōtsuka ci dice che “A quel tempo [1930] Yoshitaka Funakoshi lavorava come tecnico radiologo all’Università Imperiale di Tōkyō”.
  • Shigeru Egami racconta che “Questo accadeva nel 1934…quando Shimoda scomparve, il suo incarico fu rilevato dal terzo figlio del Maestro, Gigō…a ogni modo, giacché era assunto come tecnico specializzato in raggi X all’Università Imperiale di Tōkyō e lavorava anche al Ministero dell’Educazione…”

In pratica sappiamo da fonti certe che Gigō Funakoshi lavorava presso la Tōdai tra gli anni 1930 e 1934, cioè durante la piena diffusione dei kata di bō importati da Okinawa grazie a Miki e Mutsu. E’ altamente probabile che Gigō abbia imparato i kata Shūshi no Kon, Sakugawa no Kon e Shirotaru no Kon proprio da Miki e/o Mutsu. Un’altra ipotesi è che Gigō abbia imparato questi kata di bō solamente assistendo agli allenamenti del club di karate e alle relative dimostrazioni pubbliche. In aggiunta è plausibile che Gigō fosse venuto in possesso di una copia di Kenpō Gaisetsu. Queste tre ipotesi non si autoescludono, e anzi la verità potrebbe consistere in un mix delle tre opzioni.

Sappiamo che la fonte originaria dei suddetti kata è Chōjo Ōshiro, il noto esperto di bō-jutsu della scuola Yamanni-ryū. Diverse fonti scritte e orali confermano che Gigō Funakoshi era solito tornare a Okinawa ogni tanto, per fare visita alla madre e alle sorelle (dato che non si trasferirono mai in Giappone), e per approfondire lo studio dell’arte con alcuni esperti dell’isola. Tra questi c’era anche Chōjo Ōshiro, dal quale probabilmente ricevette istruzioni dirette sul bō e sui relativi kata (ma non solo, Ōshiro lo istruì anche sullo yoko geri…).
Riporto di seguito le testimonianze più accreditate:

  • senza riferire date precise, Hironori Ōtsuka ha dichiarato che “dopo essersi stabilito in Giappone, Yoshitaka è tornato a Okinawa per un mese”
  • Okano Tomasaburo ci dice che quando cominciò lo studio del karate presso lo Shōtōkan, all’inizio degli anni ’40, Yoshitaka viaggiava avanti e indietro da Okinawa per compiere ricerche sull’arte
  • in Karate-Dō Nyūmon (1943), Gichin Funakoshi racconta che “Circa dieci anni fa [quindi nel 1933 circa] ho ricevuto la lettera di un anziano signore che mi disse “Conosco un kata che non ho mai insegnato a nessuno, ma desidero trasmetterlo a Lei prima di morire”. Ho davvero apprezzato le sue gentili intenzioni, ma sfortunatamente il lavoro non mi permetteva di liberarmi facilmente per fare il viaggio da Tōkyō a Okinawa. Proprio in quel periodo, tuttavia, il mio terzogenito Gigō aveva degli affari di cui occuparsi a Okinawa, quindi chiesi all’anziano signore di insegnare il kata a mio figlio”
  • Jōtarō Takagi scrisse che “da quello che so, quando il maestro Yoshitaka prese il posto di Takeshi Shimoda, tornò nella sua città natale di Okinawa e studiò ‘qualcosa’”, aggiungendo tuttavia che “non ho modo di sapere cosa fosse però”
  • anche Mitsusuke Harada menziona i viaggi di Yoshitaka a Okinawa; Harada dice di avere parlato con Morio Higaonna (maestro di Gōjū-ryū), il quale gli disse di aver sentito parlare di queste visite a Okinawa da Shinkin Gima. A tal riguardo, in una lettera privata del 1995, il ricercatore Graham Noble riceve (non direttamente da Higaonna, ma da un suo intermediario) l’informazione che “Higaonna Sensei studiò i kata di bō con Gima Sensei in qualche occasione. Gima Sensei gli insegnò un kata che disse di aver appreso da Yoshitaka Funakoshi. Gima affermò che il kata di bō di Yoshitaka era molto potente, ed aggiunse che Yoshitaka andava di tanto in tanto a Naha e studiava Shuri-te, ma quali kata apprese o da chi, non fu mai detto al maestro Higaonna”
  • Masatoshi Nakayama (fondatore della JKA), in una sua intervista rilasciata per il libro “Karate Masters Vol.1” di Jose M. Farguas, parlando di Funakoshi padre ci dice che “Per esempio, suo figlio Yoshitaka andò a Okinawa e tornò col kata Sochin”

Sono sicuro che Gichin, in occasione delle visite di Gigō a Okinawa, abbia quanto meno scritto delle lettere alla moglie per avvisarla. Sempre in concomitanza di questi viaggi a Okinawa, è altamente probable che Gichin scrivesse anche ai maestri coi quali Gigō si sarebbe poi allenato, se non altro per ringraziarli. Gishō Funakoshi (1926-2007), il nipote di Gichin, ereditò la corrispondenza fra Gichin e la moglie Gozei, ma dopo la sua morte avvenuta nel 2007, non è noto in quali mani siano andate a finire le lettere. Ad oggi rimane una strada ancora da battere.

Conclusioni

Siamo giunti finalmente alla fine di questo lungo viaggio. Spero che leggendo questo breve scorcio di casa Shōtōkai vi siate appassionati almeno quanto io mi sono divertito a scriverlo. C’è voluto un po’ di tempo per mettere insieme le idee e il materiale, ma ho cercato di fare del mio meglio. Molto probabilmente ci saranno errori nella narrazione, date e nomi Giapponesi…se qualcuno di voi se ne accorge vi prego di farmelo sapere, sarà mia premura correggere e rettificare il prima possibile (ma già da ora vi dico grazie). Nel mio piccolo ho cercato di essere il più obiettivo e preciso possibile, ma soprattutto spero di aver raggiunto il mio scopo: regalare a tutti i praticanti Shōtōkai quel tepore che solo il conoscere e il ricordare le proprie origini (marziali) può donare.

Lignaggio informale del sistema stilistico di bō dello Shōtōkai

Prima di arrivare alla ciliegina sulla torta, vorrei fare un breve cenno sulla scuola Yamanni-ryū (山根流, Yamanni è la pronuncia Okinawense, in Giapponese si legge Yamane), che come abbiamo visto costituisce l’origine del sistema stilistico di bō dello Shōtōkai. Buona parte delle informazioni che seguiranno sono tratte da “Okinawan Karate (Kobudo & Te) Teachers, Styles and Secret Techniques” di Mark Bishop.

L’appellativo di Yamanni (山 / yama, cioè montagna e 根 / ne, cioè radice o base; globalmente traducibile come “alla base della montagna”) venne dato al maestro di kobu-jutsu Masanrā Chinen / 真三良知念 (1842-1925 alcune volte scritto come 三良知念 / Sanrā Chinen e trascritto altre volte come Sandā Chinen) perchè si dice che passò diverso tempo in ritiro sui monti prima di codificare il proprio sistema stilistico. Il lignaggio di Masanrā risale al padre Chinen PECHIN (conosciuto anche come Yamagusuku Andaya) e a un parente di nome Shichiyanaka Chinen (1780-1841). Andando a ritroso, Chinen PECHIN fu allievo di Sakugawa SATANUSHI (Kanga Sakugawa, 1733-1815), mentre Shichiyanaka Chinen fu allievo del maestro Soeishi (un importante signore feudale del villaggio di Ona, Shuri). Tornando a Masanrā Chinen, dopo la sua morte, suo figlio Masami Chinen (1898-1976) denominò lo stile di famiglia Yamanni-ryū in onore del padre. Oltre al proprio figlio, Masanrā ebbe due studenti illustri (che abbiamo già incontrato durante tutto l’articolo), più precisamente Mōden Yabiku (1878-1941) e Chōjo Ōshiro (1887–1935, di quest’ultimo si dice che che fu presentato a Masanrā Chinen grazie alla stretta amicizia con Mōden Yabiku).
Mōden Yabiku ebbe come allievo famoso Shinken Taira (1879-1970, è interessante sapere che Taira studiò karate anche con Gichin Funakoshi); di quest’ultimo vorrei citare due dei suoi allievi più noti: Motokatsu Inoue (1918-1993) e Eisuke Akamine (1925-1998).

Per quanto riguarda i kata tramandati nella scuola Yamanni-ryū, ho deciso di trascrivere due liste. La prima è quella riportata da Hiroshi Akamine (figlio di Eisuke Akamine) nell’intervista apparsa su “Fighting Arts” #51:

  • Shushi no Kon
  • Sakugawa no Kon
  • Yonegawa Hidari bō
  • Shirotaru no Kon

Il secondo elenco compare invece in una rara intervista del 1967 che Shōshin Nagamine fece a Masami Chinen:

  • Sakugawa no Kon (Dai, Chū, Shō)
  • Shūshi no Kon (Dai, Shō)
  • Yonegawa no Kon
  • Tsuken Bō (aka Sunakaki Bō) (Dai, Shō)
  • Shirotaro no Kon

Come abbiamo già visto in una pagina introduttiva di Kenpō Gaisetsu, possiamo dare per assodata l’esistenza di più versioni dei kata Shūshi no Kon e Sakugawa no Kon, mentre sembrerebbe confermata l’esistenza di un unico kata Shirotaru no Kon.
Arrivati a questo punto vi lascio alla lettura del prossimo paragrafo, in cui mi sono cimentato nella trascrizione e traduzione del kata Shūshi no Kon così come viene presentato in Kenpō Gaisetsu. Dati i miei modesti mezzi vi assicuro che è stata una impresa titanica, ed è altamente probabile che la traduzione presenti lacune ed errori. Anche in questo caso, se avete correzioni da suggerire non esitate a farlo!

Shūshi no Kon presentato in Kenpō Gaisetsu (1930)

Vorrei aprire questo paragrafo ringraziando prima di tutto due persone. La prima è Sachiko Iwabuchi dell’università delle Hawai’i, per avermi aiutato a rintracciare e comprare una copia di Kenpō Gaisetsu. La seconda è il mio amico Ito, per avermi aiutato con buonissima parte dei kanji antichi e per avermi dato preziose delucidazioni su alcuni modi di scrivere andati ormai del tutto in disuso. 🙇‍♂️🙏

Passiamo ora al kata Shūshi no Kon / 周氏の棍, che tradotto letteralmente significa “Il bastone di mister Shū”. Il signor Shū di cui stiamo parlando (pronunciato Zhōu in Cinese) era un nativo di Shanghai emigrato a Okinawa all’inizio dell’800, dove visse nei pressi del tempio di Sōgen (曹源寺 / Sōgen-ji), nel villaggio di Asato (Naha).
Abbiamo già visto che esistono più versioni del kata Shūshi no Kon, ma quella presentata in Kenpō Gaisetsu è una forma antica, dalla quale probabilmente sono state derivate le varianti Dai e Shō presenti in molte scuole di kobudō. Questa forma antica compare in due lignaggi:

  • Shinken Taira → Motokatsu Inoue in questa linea di trasmissione il kata è chiamato Shūshi no Kon Chū
  • Shinken Taira → Eisuke Akamine in questa linea di trasmissione il kata è chiamato Koryū Shūshi no Kon (cioè Shūshi no Kon di “antica scuola”)

Prima di passare alla traduzione del kata presentato in Kenpō Gaisetsu, vorrei riportare un’ultima informazione: Shūshi no Kon era il kata favorito di Masami Chinen, tant’è che il maestro lo praticò ogni giorno della sua vita, fino al giungere del fatal sospiro. Dal punto di vista tecnico il kata risulta piuttosto corto, ma si dice che sia difficile da padroneggiare poiché contiene, nella sua compattezza, una serie di tecniche insolite: senza ombra di dubbio costituisce un kihon gata, e come tale merita di essere approfondito seriamente.

Note sulla traduzione

Trattandosi di un libro scritto nel 1930, Kenpō Gaisetsu presenta una enorme quantità di kanji antichi, ormai non più usati. Nel 1946, la lista dei kanji usati (nella lingua Giapponese) per la scrittura subì una semplificazione: si passò dalla Kyūjitai (旧字体 / “forma antica dei caratteri”) alla Shinjitai (新字体 / “nuova forma dei caratteri”). Il passaggio dalla forma kyūjitai alla forma shinjitai è stato fatto riducendo il numero dei segni presenti nel kanji, ovvero sostituendo un componente complesso del carattere con uno più semplice. Oltre a questo aspetto, il testo del libro riporta alcuni modi di scrivere andati in disuso, come ad esempio usare il katakana al posto dell’hiragana (perché ritenuto troppo “femminile”). Ringrazio di nuovo il mio amico Ito per avermi aiutato con questo tipo di complicazioni, grazie Ito!

A favore di tutti gli appassionati, di seguito riporto una tabella con i kanji antichi che ho incontrato nella descrizione del kata, la versione più moderna e alcune note correlate.

Versione anticaVersione moderna‎   ‏‏‎ Significato / note
nome
spiegazione
corpo
spirito, mente, cuore; nel testo compare in 氣を付け / “Ki o tsuke”, col significato di “attenzione”
entrambi, due
venire
punto
colpire
immagine, disegno
è un modo andato in disuso, indica di ripetere lo stesso suono due volte; ad esempio まゝ si legge “mama”, ころゝゝ si legge “koro koro”
coppia
indica il numero tre, per lo più usato nei documenti legali; nel testo compare sempre seguito da 照, insieme 參照 ha il significato di “riferirsi” o “fare riferimento”
コメカミこめかみ(in kanji 顳) tempia; la forma antica usa unicamente il katakana. Benché nell’uso corrente il katakana sia usato soprattutto per la trascrizione di parole straniere e di nomi propri intraducibili, nel periodo poco antecedente la seconda guerra mondiale il governo Giapponese decise che l’hiragana era un po’ troppo “femminile”, di conseguenza in quel periodo si usavano quasi esclusivamente katakana e kanji. Un esempio:
ねぢるねじる / 捻るavvitare, torcere
disegno, immagine
cambiare (o strano)
oltre
posto, luogo
associazione, club, assemblea
nel testo è usato per un nome di persona, 宜野灣 / Ginowan
corrisponde al の in hiragana, ma nel testo non viene usato per esprimere il possessivo. Al contrario è usato per rendere l’oggetto della frase come un aggettivo, ed è una modalità espressiva non più usata. Ito ha provato a spiegarmelo più volte, ma devo ammettere che mi è ancora un po’ oscuro😒
棍 / kon
棒 / bō
asta, bastone; sono due kanji che hanno sostanzialmente il medesimo significato.
Il primo compare nei nomi dei kata di bastone ed è un termine maggiormente usato a Okinawa, il secondo è il termine classico Giapponese per indicare il bastone. Bizzarria vuole che uniti insieme formino la parola 棍棒 / Konbō che significa clava (l’arma)

Il kata

棒型の構成並說明 (Struttura dei kata di bō e spiegazioni)
姿勢は各棒共通 (La posizione è comune a tutti i [kata di] bō)
姿勢 (Posizione)

一、周氏の棍 (Shūshi no Kon)
1、A方に面し「氣を付け」ー徒手體操ーの姿をなし、右手を右側に自然に垂らし、棒を體と平行に接して握る。 左手は額前を通つて右側の棒を握る。 左握手個所よりり左端迄の長さと右握り手個所より左端迄の長さを相等しくし、地上から七、八寸離す。 左握り手個所より先端迄の長さは一尺八寸内外とし、棒の全長は六尺である。

1 “Ki o tsuke” (氣を付け / attenzione) in direzione A, con la mano destra che pende in maniera naturale lungo la parte destra, tenendo il bō parallelo al corpo. La mano sinistra impugna il bō all’altezza della parte destra della testa. Fare in modo che la distanza tra l’impugnatura della mano sinistra e l’estremità sinistra del bō sia uguale alla distanza tra l’impugnatura della mano destra e l’estremità sinistra [qui c’è chiaramente un errore nel testo, si voleva intendere l’estremità destra] del bō [in pratica si vuole sottolineare la tripartizione del bō] e che il bō sia sollevato dal suolo per 7 o 8 sun [寸/sun unità di misura corrispondente a circa 3.03 cm; in pratica il bō deve distare tra 21 e 24 cm da terra]. La distanza tra l’impugnatura sinistra [nel testo poi specifica sia internamente che esternamente, stressando quindi il concetto della tripartizione del bō] e la punta del bō è di circa 1 shaku [尺/shaku unità di misura corrispondente a circa 30.3 cm] e 8 sun [quindi un totale di circa 54 cm], la lunghezza totale del bō è di 6 shaku [circa 182 cm].

2、右足原位置。 左足を一歩後ーB方向ーに引くと共に棒の右端を先にし前方—A方向の敵を梢斜上より打ち下す。 兩握り手は中點の方向に相等しく接近せしめるのは左足を後に引くと同時にして、兩握り手の問隔は約二尺となる。 棒は體の左側に來り、右握り手前方、左握り手後方にて左脇附近にある。 棒は左側に於て稍々前方を上げて體を貫通したる型である。

2 Piede destro fisso nella sua posizione. Il piede sinistro va arretrato di un passo lungo la direzione B, e avendo caricato prima l’estremità destra del bō, si colpisce il nemico lungo la direzione A, diagonalmente, dall’alto verso il basso [tipo kesa giri]. Entrambe le mani si trovano nella direzione del punto centrale nello stesso momento in cui il piede sinistro viene fatto arretrare, la distanza tra le due mani è di circa 2 shaku [60 cm]. Il bō si trova sul lato sinistro del corpo, la mano destra è avanzata, la mano sinistra è arretrata sul fianco sinistro. La parte frontale del bō è rialzata in modo tale da perforare il corpo.
3、右足原位置。兩握り手原個所。 左足を一歩ーA方向ー前出すると共に、右足約一歩の間隔を取って並べる。 體と棒とは相對的に原位置。

3 Piede destro fisso nella sua posizione. Entrambe le prese delle mani non cambiano. Il piede sinistro avanza di un passo in avanti nella direzione A e a circa un passo di distanza dal piede destro [in pratica il piede sinistro si sposta diagonalmente per allinearsi orizzontalmente al piede destro. NB: non viene specificata la posizione di arrivo, più avanti nel testo si parlerà di Naihanchi dachi, qui no e presumibilmente sarà quindi una sorta di shiko dachi]. Il corpo e il bō sono mantenuti invariati nelle relative posizioni uno rispetto all’altro.

4、兩足原位置。 兩握り手原個所。 唐手の後方猿臂攻擊的に兩手を同時に後方ーB方向ーに出して後方の敵を棒の左後方端で突く。 然る後そのまゝ前方に同じく突出して前方ーA方向ーの敵を棒の右前方の端で突く。 ②の繪を参照せられたし。

4 Entrambi i piedi mantengono la loro posizione. L’impugnatura delle mani rimane invariata. [la parte iniziale della frase che segue non è molto chiara…] Come una violenta gomitata all’indietro di karate [scritto come mano cinese], entrambe le mani vengono spinte all’indietro lungo la direzione B e si colpisce il nemico alle spalle con l’estremità posteriore sinistra del bō. Successivamente il bō viene spinto anche in avanti lungo la direzione A per colpire l’avversario con l’estremità anteriore destra del bō. Fare riferimento all’immagine numero 2.

5、兩足原位置なれど眼玉を左側ーC方向ーに向けると共に體も左足前屈足立となり、左手上、右手下となりて棒を握り左側を防禦する。兩握り手問隔は前と同じく約二尺である

5 Mantenendo i piedi nella loro posizione, lo sguardo è diretto a sinistra nella direzione C e anche il corpo si gira portandosi in uno zenkutsu-ashi-dachi [前屈足立, finalmente compare un nome formale di posizione] sinistro. La mano sinistra si alza, la mano destra si abbassa, eseguendo una difesa sinistra. La distanza tra le due impugnature è di circa 2 shaku come prima.
6、兩足原位置なれど體眼を右側ーD方向ーに向けると共に右足前屈足立となると同時に兩握り手原個所のまゝ右側に持來し、右側を防禦する。 ⑤の繪參照されたし。

6 Mentre entrambi i piedi mantengono la loro posizione, lo sguardo e il corpo si girano a destra nella direzione D [quindi di 180 gradi] in uno zenkutsu-ashi-dachi destro. Contemporaneamente entrambe le mani vengono portate a destra, eseguendo una difesa del lato destro. Fare riferimento all’immagine numero 5.

7、兩足原位置。體、眼、足立は⑥に同じ。右握手を右肩附近に持來しながら斜右上より打下す。 右握り個所前方、左握り個所左脇腹附近に接せしめる。 然る後棒をねぢて敵の持物をねぢ落す。 ②を參照されたし。

7 Entrambi le gambe mantengono la loro posizione. Corpo, sguardo e posizione dei piedi rimangono come alla fine della descrizione numero 6. L’impugnatura della mano destra viene rialzata vicino alla spalla destra per poi scendere, diagonalmente, da in alto a destra verso il basso. [il solito colpo a taglio diagonale kesa giri / kesa kake]. L’impugnatura destra è avanzata e quella sinistra premuta contro il lato sinistro del corpo. Dopodiché avvita il bō [è usato il verbo ねじる / nejiru / torcere nella sua forma antica ねぢる, vedi tabella] e fai cadere l’arma del nemico. Fare riferimento all’immagine numero 2.

8、兩足原位置なれど體眼を右側ーC方向ーに向け、C方向猫足立となり、左握り手個所が左肩頭を距ること約五寸、右握り手個所が右骨盤附近を距ること約一尺にして棒は左上、右下に向ひ體と交錯する。 左足先を地につけ所謂前屈足立となると同時に左握り手個所を下におろし下段を打つと共に右握り手個所は右肩頭を距ること約五寸の所に持ちあげる。 右手握り個所右肩斜上に持ち來り、前位置にもどすと共に左指は環の如く原位置に於てゆるめ、兩足を同じくC方ー前方ーにすり出すと共に棒をすべらして前方ーC方ー下段を突く。

8 Dalla posizione precedente, girare lo sguardo e il corpo a destra [qui c’è un errore nel testo originale, ovviamente si intende a sinistra] nella direzione C assumendo la posizione di neko-ashi-dachi [猫足立 / posizione del gatto], l’impugnatura della mano sinistra è a circa 5 sun [15 cm] di distanza davanti alla spalla sinistra, l’impugnatura della mano destra si trova a circa 1 shaku di distanza dal lato destro del bacino. In questa posizione il bō attraversa il corpo da in alto a sinistra verso in basso a destra.
Con la punta del piede sinistro a contatto col suolo portarsi col piede sinistro nel cosiddetto zenkutsu-ashi-dachi. Contemporaneamente la mano sinistra scende mentre la mano destra viene sollevata fino circa 5 sun davanti alla spalla destra, di fatto colpendo in basso [下段 / gedan; in pratica si esegue un colpo/spazzata verso il basso].
L’impugnatura della mano destra viene sollevata [diagonalmente] sopra la spalla destra mentre le dita della mano sinistra, rimanendo nella stessa posizione, formano una presa [viene usato il termine 環 / wa / anello, cerchio, ruota] “leggera”/allentata” [cioè non stretta, in quanto il bō deve essere libero di scorrere; viene usato l’hiragana ゆるめ / yurume]. Entrambi i piedi scivolano in avanti nella direzione C e contemporaneamente il bō, scorrendo, colpisce gedan.
9、兩足原位置。 八字足立となってA方に向くや右斜前方に右足を一歩踏出し。 左足を右足に引きつけー氣を付け足立ーとなると共に棒を斜右上から打下し前方をたゝく。 棒は體の左側にありて右握り手個所前方、左握り手個所後方脇附近に來る。 ②の繪を參照されたし。

9 Dalla posizione precedente, girarsi a destra in direzione A [cioè ci si gira verso destra di 90 gradi; il testo dice inoltre che effettuando questa rotazione ci si dovrebbe trovare in Hachiji-ashi-dachi / 八字足立, il che sottolinea il fatto che le posizioni siano abbastanza corte e rialzate, non lunghe] e con il piede destro avanzare di un passo diagonalmente verso destra. Unire il piede sinistro al destro per portarsi nella posizione di attenzione (氣を付け / ki o tsuke) e allo stesso tempo colpire con il bō frontalmente da in alto a destra verso il basso [con un “taglio” diagonale si colpisce l’avversario che sta di fronte a noi]. Il bō giace sul lato sinistro del corpo, l’impugnatura della mano destra è avanzata, l’impugnatura della mano sinistra è arretrata di fianco. Fare riferimento all’immagine numero 2.

10、右足を一歩前出ーA方向ーすると共に⑨の動作をなす。

10 Muovere il piede destro di un passo in avanti in direzione A e contemporaneamente eseguire i movimenti descritti al punto 9.

11、右足を一歩前出ーA方向ーすると共に⑩の動作をなす。

11 Muovere il piede destro di un passo in avanti in direzione A e contemporaneamente eseguire i movimenti descritti al punto 10.

12、右側ーF方向ーに左足を一歩横出すると共に左足も進め右足前に交錯する。 左握り手個所は右コメカミを距ること約一尺、右握り手個所は右骨盤附近を距ること約一尺八、九寸にして右側ーF方向ーを守る。(左圖參照)

12 Spostare il piede destro di un passo nella direzione F [cioè a destra] e contemporaneamente incrociare di fronte ad esso il piede sinistro [NB: alcuni ritengono che l’incrociare “davanti” sia sbagliato, ed in effetti nella linea di trasmissione della famiglia Akamine si incrocia “dietro”, cioè assumendo una kōsa-dachi; personalmente ritengo che invece sia corretto, visto che nella linea di trasmissione di Motokatsu Inoue il movimento viene eseguito esattamente come descritto qui nel testo]. L’impugnatura della mano sinistra si sposta a circa 1 shaku davanti alla tempia destra [tempia è scritto come コメカミ invece del più canonico こめかみ], l’impugnatura della mano destra a circa 1 shaku e 8/9 sun [tra i 54 e 57 cm, il che evidenzia che il bō è inclinato, non perpendicolare al pavimento] di distanza davanti al bacino destro. (vedere la figura a sinistra [cioè la figura numero 12])
13、左足を交錯より解き、一足E方向に退出すると同時に左足を後足となし、右握り手個所を肩附近に持來るやF方向に右足前屈足立となり、斜右上よりーF方向ーたゞ下す。 然る後棒をねぢる。 兩握り手個所⑦に同じ。 (右前方)

13 Disincrocia il piede sinistro spostandolo di un passo all’indietro in direzione E e contemporaneamente porta l’impugnatura della mano destra vicino alla spalla [destra]. Ora fai un passo avanti con il piede destro in direzione F in zenkutsu-ashi-dachi [finalmente si chiarisce l’uso di una sorta di fumi kae per generare potenza col bō] e colpisci diagonalmente da in alto a destra verso il basso in direzione di F [l’ennesimo taglio diagonale verso l’avversario che ci sta di fronte]. Dopodiché avvita il bō [viene usata di nuovo la forma antica ねぢる]. Entrambe le mani sono nella stessa posizione di cui al punto 7. (destra davanti)

14、兩足原位置。 體眼E方向に向ひ下段打をなす。 ⑧の動作に等し。 但しすべらし突かぬ。

14 Dalla posizione precedente, gira lo sguardo e il corpo in direzione E [di 180 gradi a sinistra in senso antiorario] ed esegui un colpo gedan. Prosegui esattamente come al punto 8, tuttavia senza la stoccata. [cioè senza eseguire la tecnica in cui si carica il bō e si colpisce facendolo scorrere; questo potrebbe essere un errore o una dimenticanza dell’autore, in tutte le versioni di questo kata il colpo c’è…].

15、左足原位置。 右足を左足前ーE方向ーに一歩出して前方ーE方ーを守る。 兩手握り個所、棒の位置は⑫に等し。

15 Mantieni la posizione del piede sinistro. Posiziona il piede destro un passo avanti davanti al piede sinistro in direzione E ed esegui una difesa in direzione E. La posizione delle due mani e la posizione del bō sono uguali al punto [e figura] 12.

16、兩足原位置。 E方に向つて左前屈足立、斜右上よりE方に向つて打ち下し、棒をねぢる。 それまでの行動及び棒の在り所⑦に等し。

16 Dalla posizione precedente, portarsi in zenkutsu-ashi-dachi sinistro [per le ragioni che seguiranno, qui c’è chiaramente un errore, si voleva intendere zenkutsu-dachi destro, ottenuto arretrando il piede sinistro; NB: questo errore è stato invece preso alla lettera in casa Shōtōkai, snaturando del tutto questo passaggio del kata. Il che conferma ancora una volta la forte connessione Shōtōkai-Kenpō Gaisetsu] in direzione E, quindi colpisci verso il basso diagonalmente dall’angolo in alto a destra in direzione E, infine avvita il bō. I movimenti e la posizione del bō sono gli stessi del punto 7. [da qui si chiarisce che precedentemente si voleva intendere uno zenkutsu-dachi destro].
17、左足を斜にB方ー大體後方と思へばよいーに出すと共に右足は左足と一歩間隔をとりて前方に位置しA方に向き變り、前方を守る。 兩握り手個所は⑫に等し。

17 Sposta il piede sinistro diagonalmente, all’indietro, nella direzione B e contemporaneamente punta il piede destro nella direzione A [il testo dice, indicativamente, che “il piede destro è davanti al piede sinistro ad un passo di distanza da esso ed ha cambiato verso in direzione A”; in pratica l’intero movimento corrisponde nel fare perno sul piede destro per girarsi verso destra di 90 gradi, in uno zenkutsu-dachi destro], eseguendo una protezione frontale. La posizione delle impugnature delle mani è come al numero 12.

18、棒で前方を守りながら前右足を少し後に引くと共に、左足を右足に交錯する。 次に左足原位置とし、右足を左足前に一歩出し、前屈足立にして前方を守る。 兩握り手個所⑫に等し。

18 Dopo aver eseguito la difesa frontale col bō, tira leggermente indietro il piede destro e incrocia il piede sinistro davanti ad esso. Dopodiché lascia il piede sinistro nella sua posizione e fai un passo con il piede destro davanti al piede sinistro, in uno zenkutsu-ashi-dachi destro ed esegui una difesa in avanti. La posizione delle impugnature delle mani è come al numero 12.

19、斜右上より前方—A方ーをたゝき下す。 その行動⑦に等し。 然る後、左握り手を前方稍々下段に向つて突き伸ばし、左下段を打ち拂ふ。 兩足原位置、稍々前屈足立右握り手個所は右肩頭を距ること約五寸餘の處に來る。

19 Colpisci [col bō, dopo averlo alzato vicino alla spalla destra, come al solito…] diagonalmente da in alto a destra verso il basso, in direzione A. Esegui queste azioni come descritte al numero 7. Dopodiché spingi l’impugnatura della mano sinistra davanti e verso il basso ed esegui uchiharau [打ち拂 letteralmente “colpisci e spazza”] a sinistra. Nel fare questo entrambi i piedi mantengono la loro posizione in zenkutsu-ashi-dachi, l’impugnatura della mano destra è posizionata a circa 5 sun di distanza dalla spalla destra.
20、左足原位置として右足をこれに交錯し、然る後左足をB方に一歩開くと共にナイハンチ立となりMN線に體を向け、眼玉はAに向ひ、右握り個所を前方に出し、左握り個所を左脇附近に持ち來ると共に棒の右前端は地と平行してMN線方を横打ちする。

20 Il piede sinistro rimane nella sua posizione, il piede destro incrocia [spostandosi verso sinistra] davanti ad esso. A seguire apri il piede sinistro di un passo verso la direzione B, assumendo la posizione di Naihanchi-dachi [Naihanchi è scritto in katakana come ナイハンチ; nelle scuole Shōtokan/Shōtōkai questo kata è noto come Tekki]. Il corpo è ora allineato con la linea M-N, gli occhi guardano in direzione A, la mano destra è allungata in avanti, la mano sinistra è portata sul lato sinistro [del corpo] e l’estremità anteriore del bō attraversa la linea M-N parallelamente al terreno colpendo lateralmente [横打ち / yoko-uchi].

21、左足原位置。 右足を左足に引寄せながらA方に向ひ①の型となり、次に左手を離し、最初の姿勢に復する。

21 Il piede sinistro rimane nella sua posizione. Il piede destro viene avvicinato verso il piede sinistro e il corpo è allineato in direzione A, come mostrato nella figura numero 1 del kata. Infine rilascia la mano sinistra e ritorna alla posizione iniziale.

© 2020, Matteo Muratori. All rights reserved.